mercoledì, aprile 25, 2007

“Predatori notturni”, rivive la strage di Ustica

Sono passati quasi trent’anni, ma i misteri e i lati oscuri che circondano le vicende della strage di Ustica sono ancora presenti nella mente degli italiani. Era il 27 giugno 1980 quando il DC-9 del volo dell’Itavia da Bologna a Palermo precipitò in mare causando la morte di 81 persone. Una vicenda oscura e segnata da intrighi internazionali, che al pari di altri tristi avvenimenti hanno segnato la storia del nostro paese nei decenni più tribolati della democrazia italiana. Oggi queste vicende tornano a vivere nel thriller del momento, scritto dal produttore Usa Joseph Farrel, che in “Predatori notturni” intreccia realtà e finzione per raccontare anche il dopo strage e, con una scrittura quasi cinematografica, dà nuova linfa ad un dibattito che si prolunga da decenni e a cui nemmeno i giudici dei tribunali che si sono occupati del caso hanno saputo dare una soluzione definitiva. Lo scrittore, autore soprattutto di molte sceneggiature tra cui “War games: giochi di guerra” e produttore di numerosi film, oltre che personaggio influente di Hollywood, dove le sue consulenze sono preziose per le più note major, incentra la storia sulla figura dell’armatore anconetano Aldo Davanzali, proprietario del DC9 morto nel 2005 a 83 anni, che nella realtà si è battuto con tutte le sue forze contro l’accusa di cedimento strutturale; quell’accusa che comportò lo sgretolamento del suo impero economico (ancora oggi in sede civile pende una sua richiesta di risarcimento dallo Stato per 850 milioni di euro) nel tentativo di far emergere la verità: attentato o abbattimento fortuito durante esercitazioni militari che sia. In “Predatori notturni” invece, il proprietario della compagnia aerea si toglie la vita poco dopo l’incidente, e sarà la figlia, testimone del gesto del padre, a voler compiere tutte le indagini affinché si riesca a dimostrare che nessun guasto meccanico avrebbe mai potuto causare l’esplosione dell’aereo. Sembra che anche il libro comunque, stia portando con se strascichi polemici, ad ennesima dimostrazione di come attorno alla vicenda di Ustica aleggi un alone di mistero invalicabile; Farrel infatti, partecipando alla serata romana di presentazione del libro, ha dichiarato di essersi cominciato ad interessare al caso dopo aver avuto diversi contatti proprio con Davanzali, conosciuto grazie a sua moglie, l’attrice italiana Jo Campa. Di questi contatti non ci sarebbe però traccia tanto che le figlie e uniche eredi di Davanzali, Luisa e Tiziana, e l'avv. Mario Scaloni, legale di famiglia, hanno diffuso una nota congiunta per prendere le distanze dall'operazione editoriale. Le figlie di Davanzali, dice la nota, «non sono state per nulla interpellate in merito al romanzo, né hanno concesso alcuna autorizzazione alla pubblicazione del libro, avendone sorprendentemente appresa notizia solo dalla stampa. Neanche l'avv. Davanzali, quando era ancora in vita, ha mai accennato loro di contatti con l'autore del romanzo». L’autore ha tenuto comunque a precisare che gli avvenimenti raccontati sono frutto della sua fantasia anche se poi sono tutti i dettagli originali a dare il via allo sviluppo di un intrigo che già nella realtà ha abbondantemente dimostrato di essere adattabile al genere fanta-thriller. La protagonista è Teresa, figlia del proprietario della compagnia aerea Aero-Italia di cui faceva parte nel romanzo l’aereo abbattuto. Dopo averlo visto suicidarsi la giovane decide che diventata adulta avrebbe riabilitato ad ogni costo la memoria del padre. Comincia così le sue indagini facendosi aiutare da Robert Evans, giornalista del Washington Post, l’unica persona che aveva mostrato dubbi sulla sentenza, e i due correranno più volte il rischio di perdere la vita a causa di attentati contro di loro fino ad arrivare all’immancabile finale a sorpresa, quello che ancora oggi manca, purtroppo, nella realtà.

mercoledì, aprile 18, 2007

Lavorare diverntedosi? Con i videogame si può

E’ arrivato lunedì in libreria e si prefigge di essere il punto di riferimento per gli appassionati del settore videoludico che vogliono capire cosa ci celi dietro la grande industria del divertimento interattivo. Parliamo di « Pagati per giocare – come far carriera nel mondo dei videogiochi e continuare a divertirsi», libro edito da Multiplayer.it che racconta il mercato lavorativo esistente nel comparto dei videogiochi. Un mercato che cresce di anno in anno, che ha ormai superato anche quello del cinema, e che al suo interno contiene decine di figure professionali, tutte indispensabili alla buona riuscita del prodotto : dal game designer al programmatore, dal tecnico audio al giornalista videoludico…allo sviluppatore…al manager fino anche a chi i videogiochi li deve provare, dei veri e propri game tester umani chiamati a verificare l’effettiva giocabilità della piattaforma in uscita e i problemi che si potrebbero verificare una volta in mano agli utenti! “Pagati per giocare”, scritto a sei mani da David S.J. Hodgson, Bryan Stratton, Alice Rush, è una guida, ma anche un manuale per chi volesse provare ad entrare nell’industria, ormai una delle più competitive al mondo, di un mondo professionale ancora non troppo conosciuto e forse poco considerato. Il tutto con numerose interviste a professionisti di spicco nel settore che svelano i segreti per emergere e cosa si deve aspettare chi entra nel campo dei videogiochi; 264 pagine in cui oltre 250 anni complessivi di esperienza nel settore vengono raccontati in modo esaustivo, completo e dettagliato. Per capire meglio il mondo dei videogiochi visti dal di dentro, gli autori si sono soffermati sulle diverse caratteristiche dell’impresa: da che “genere di lavoro si può svolgere” a “cosa accade realmente negli studi di sviluppo di un videogioco”, da “il buono, il brutto e il cattivo di ogni professione nel mondo dei videogiochi” a “come assicurarsi il primo impiego nel proprio particolare ambito di interesse” per “trasformare la propria passione di una vita nel lavoro della vita”. Un libro, come recita il comunicato stampa, che vuole essere un ottimo aiuto per tutti coloro che “Stanno cercando materie da studiare a scuola o all'università. Si stanno chiedendo quale potrebbe essere la più divertente area professionale. Sono interessati a quel che accade veramente dietro le quinte dell'industria dei videogiochi. Stanno lavorando, ma le fatiche terrene li hanno spossati e cercano qualcosa di nuovo. Sono genitori e vogliono capire cosa c’è dietro la passione del figlio. Gli autori di “Pagati per giocare” sono due scrittori di videogiochi e una consulente del lavoro che hanno una vasta esperienza del settore e che hanno vissuto anni e anni dietro alle ultime novità del settore videoludico seguendo i lanci di una dozzina di console, la nascità di marchi multimilionari e la morte di altri; recensendo qualcosa come un migliaio di titoli e intervistando le “leggende” che hanno fatto la storia dei videogiochi: dal fondatore di Valve Software, Gabe Newell, fino a Toru Iwatani, l’inventore di “Pac-Man”. Ora si sono messi insieme e le loro esperienze sono diventate il manuale per chi è affascinato dai videogiochi e non vorrebbe far altro che lavorare divertendosi, quale migliore occasione?

martedì, aprile 10, 2007

I falsi miti della medicina

C’è chi al primo piccolo sintomo di un qualsiasi tipo di dolore sente la necessità di ingurgitare una pillola o uno sciroppo o, meglio di no ma in alcuni casi ci vuole, una supposta, convinto che qualsiasi malessere, sia esso mentale o fisico, possa essere curato solo attraverso i medicinali e c’è anche chi alla medicina tradizionale cerca alternative di diverso genere, come le terapie a base di erbe, l’agopuntura o altro. Tutti comunque alla ricerca di un sollievo al dolore attraverso terapie più o meno consone. Ma c’è anche chi oggi, dall’alto della propria esperienza di studioso di biologia e biochimica, e con alle spalle una carriera da giornalista in riviste scientifiche come “Stern” o “Die Zeit” ha iniziato una campagna di controinformazione verso l’attuale sistema di cure terapeutiche. Parliamo di Jorg Blech, oggi giornalista di “Der Spiegel” che ha da poco dato alle stampe, per i tipi di Lindau, “La medicina che non guarisce – Come difendersi da terapie inutili e nocive”, un libro che arriva dopo il suo best seller “Gli inventori delle malattie” e che ne rappresenta il seguito naturale. L’attacco di Blech è una tesi ragionata e approfondita su quanto in realtà molte delle attuali risorse terapeutiche si rivelino del tutto inefficaci, se non dannose, e paiono il risultato di errori, false conclusioni e interessi economici. La controprova? Per Blech è tanto facile quanto scontata: basti pensare che “quando i medici diventano pazienti, essi si sottopongono alle cure che consigliano ai loro assistiti solo raramente, perchè sanno benissimo quali tra esse siano davvero necessarie o utili”. Non tutta la medicina è da mettere al bando naturalmente, su questo l’autore è ben consapevole, e l’attacco, scritto con ritmo incalzante e piglio giornalistico, è mirato verso quei miti diffusi nella scienza di Ippocrate, che spesse volte nascondono solo i grandi interessi delle case farmaceutiche, di cliniche e specialisti. Quello che dovrebbero fare i pazienti per non cadere nelle mani delle terapie inutili e nocive è, per Blech, molto facile; la causa di tutto ciò è “la comoda disinformazione dei pazienti” e in questa situazione “sapere rappresenta un presupposto fondamentale per determinare un salto di qualità nella medicina moderna”. È l’ultimo capitolo del libro, quello in cui vengono stilate le sette semplici regole per destreggiarsi fra le terapie inutili e le domande-chiave da rivolgere al medico qualora questi gli suggerisse un intervento. É solo così, diventando dei “consumatori” ben informati anche nell’ambito della sanità, che si può evitare il rischio di imbattersi in prassi mediche normalmente accettate, ma che nascondono rischi e pericoli in grado di danneggiargi. Una tesi riconosciuta anche da “Ciò che i dottori non dicono” di Macro edizioni, che mette in primo piano anch’esso i rischi e si ripromette di svelare la verità sui pericoli della medicina moderna, o da “Come impedire al vostro medico di nuocervi” in cui l’autore, Vernon Coleman, basandosi su dati scientifici acquisiti nelle sue ricerche sferra un duro attacco alla figura del medico, considerata come quella in grado di fare più male ad una persona. Ma forse il problema non è solo legato alla classe medica e ci sarebbe da riflettere, come hanno fatto quelli di Nuovi Mondi Media con “Farmaci che ammalano”, sulla frase pronunciata tre decenni fa da Henry Gadsen, direttore generale di una delle principali case farmaceutiche al mondo, la Merck Il suo sogno? Quello di riuscire a creare farmaci per le persone sane, così da poter vendere proprio a tutti. Oggi questo sogno sembra essere diventato realtà e rappresenta il punto di forza di un mercato che risulta essere tra i più redditizzi al mondo.

lunedì, aprile 09, 2007

Retrogaming, ritorno al fututo

Se da un lato le tecnologie applicate all’arte videoludica stanno consentendo ai nuovi videogames di essere paragonabili, graficamente, a veri e propri film di animazione in 3d, dall’altro c’è chi ha rinunciato già da un pò a stare al passo coi tempi e preferisce molto di più dedicarsi a quei giochi che hanno fatto la storia dei videogames. Tecnicamente si definisce “retrogaming”, un neologismo che indica proprio quel movimento di persone che si dedicano ai videogiochi di vecchia data. Un fenomeno che vede i protagonisti confrontarsi con i vecchi titoli attraverso i remake o grazie a degli emulatori. Ma la passione per l’“usato” non si limita ai soli software; esiste infatti anche un piccolo mercato di compravendita di vecchie consolle per videogiochi come “Atari2600” o il validissimo “Commodore 64”. Oggi che la Sony sta spingendo sul mercato la terza Playstation inoltre, la prima nata della serie è divenuta anch’essa oggetto di culto. Quella che può essere considerata la data di nascita del fenomeno retrogaming è il 5 febbraio del 1997, giorno in cui l’italiano Nicola Salmoria rilasciò la prima versione di MAME, l’emulatore capace di riunire tutti quelli già disponibili in rete in un unico programma in grado di eseguire più giochi, dai sei della prima versione agli oltre 3000 supportati nell’ultima rilasciata a febbraio 2007. MAME è composto da varie parti in grado di emulare completamente le architetture tipiche delle macchine arcade che si trovavano nei bar e nelle sale giochi; il suo spirito non è comunque quello di evitare ai giocatori di pagare per giocare, ma solo quello di preservare questi giochi e di documentarne l'hardware. Storicamente il poter giocare col MAME è infatti considerato dai suoi creatori un "nice side effect" (piacevole effetto collaterale). Resta comunque da capire cosa spinga un pubblico giovane e meno giovane a confrontarsi con titoli che, sia graficamente che tecnicamente, non rappresentano il massimo del divertimento; ma la passione sembra coinvolgere intanto una gran fetta di pubblico, e questo anche naturalmente grazie alla rete che offre non poche opportunità di approfondimento del genere. Non è infatti difficile trovare siti specializzati che raccolgono forum di discussione e, soprattutto, tante recensioni di titoli scomparsi dalla memoria collettiva, ma ancora presenti in quella dei retrogamers; è così che affianco alla descrizione dell’ultimo sparatutto per Playstation o X-box, è possibile leggere di "Summer 1975. A Nightmare awaits me", il primo gioco ad apparire su Neo Geo nel “lontano” 1990, piuttosto che di “Sonic”, il titolo che nell’estate del 1991 riuscì a risollevare le sorti del Mega Drive, alle prese con la forte concorrenza della Nintendo. È il caso di gameplayer.it che al retrogaming dedica una sezione al pari di quelle sui nuovi titoli o di underground-gamer.com, che oltre ad offrire una gamma vasta di giochi per quasi tutte le vecchie piattaforme Amstrad, Commodore etc. contiene una sezione dedicata alle vecchie riviste sui videogiochi in formato Pdf. Il sito per eccellenza sul fenomeno resta comunque retrogaming.it, che anche se aggiornato un po’ troppo lentamente presenta, oltre alle classiche recensioni, un forum, notizie, curiosità e interviste con tecnici del settore. Ad accorgersi del fenomeno però non sono stati solo i vecchi nostalgici di giochi come Double Dragon o Tetris e sembra che anche le aziende si siano adattate velocemente; la coreana GamePark Holding ad esempio, per ritagliarsi uno spazio nel mercato delle consolle portatili, dominato da Nintendo e Sony, ha puntato, per la sua Gp2x, proprio sul retrogaming offrendo ai propri giocatori un’importante mole di titoli relativi a capolavori videoludici del passato, anche recente. È forse la consacrazione di un movimento che, non rifiutando il presente dell’arte videoludica, sta tornando agli albori del settore, quando per divertirsi bastavano ancora pochi pixel.

sabato, aprile 07, 2007

Malatempora, la forza di andare controcorrente

A definire la Malatempora solo come una casa editrice si può correre il rischio di essere riduttivi. Certo, materialmente è un’impresa che produce libri, ma tale impresa è vissuta con uno spirito e, soprattutto, con una circolarità di idee che rimangono molto lontano da quello che è oggi il mondo dell’editoria italiana. “Alla Malatempora non si vendono libri, ma si pubblicano idee”; è quello che mi sentii dire in uno dei miei primi giorni a fianco di Angelo Quattrocchi, l’anima di una realtà editoriale che, nonostante le difficoltà e i paletti imposti da quello strano marchingegno che risponde al nome di “distribuzione”, può vantare all’attivo più di cento titoli in catalogo e una prospettiva per il 2007 di 25 nuove uscite. Potrebbero sembrare numeri risicati, ma solo per chi non conosce a fondo un mercato che sta tendando in tutti i modi di tagliare fuori dalle librerie i piccoli editori per lasciare così spazio sugli scaffali alla produzione dei grandi gruppi. A questo si aggiunga anche il fatto che la Malatempora non le ha mai mandate a dire e che i suoi titoli hanno spesso subito, e subiscono ancora, una quasi totale censura da parte dei media, preoccupati di doversi trovare ad analizzare temi “scottanti” che il più delle volte preferiscono nascondere, e il quadro è completo. A queste problematiche i tipi di Malatempora stanno reagendo con il rafforzamento della politica delle vendite on-line (è possibile acquistare i loro libri dal sito www.malatempora.com con sconto del 20% e spedizione gratuita). Il collettivo alla base della casa editrice non si arrende e continua a pubblicare titoli che qualsiasi altro editore avrebbe paura solo a leggerli; come “Uranio impoverito” del 2006, il libro intervista all’ammiraglio Falco Accame, che da sempre denuncia i danni dell’agghiacciante arma sui civili e sui nostri militari, o come la terribile storia di Francesca B., nome in incognito dell’autrice di “Plagio”, uno degli ultimi usciti, la vera storia di un plagio mentale perpetrato ai danni di un uomo che ha sconvolto la sua vita e quella della sua famiglia. E per il futuro un titolo che vuole smuovere ancor di più le coscenze, un libro che uscirà in concomitanza con il family day: “no no no Ratzy non è gay”, che in quarta di copertina recita: “Nei palazzi romani lo sussurrano, e nei ristoranti, nelle discoteche, nei bar, tra un Campari e un tramezzino lo raccontano. Sarà vero? No, non è possibile! Eppure, quei cappellini così carini, quelle scarpette rosse di Prada… e quel segretario così bello, alto, biondo e tanto ariano… No, non può essere vero. In fondo ce l’ha tanto con quelli lì! No, no, no, il Papa non è gay!”, e non credo ci sia da aggiungere altro… Per quanto riguarda il presente invece, è disponibile da qualche settimana “Ultimi fuochi”. Un libro che il sottoscritto ha visto passare sotto le proprie mani più di una volta nella sua, per così dire, “fase embrionale”. Una fase embrionale che in realtà dura da tren’anni perché l’ultimo nato in casa Malatempora è un testo scritto dallo stesso Quattrocchi negli anni ’70 e che è rispuntato fuori oggi, rieditato e pubblicato nel trentennale del ’77. “Ultimi fuochi” arriva da lì, da quegli anni che oggi più che mai stanno tornando sulle pagine dei giornali. Un libro per descrivere, con lo stratagemma del thriller fanta politico, il finale della ribellione che fini nella tragedia dell’ammazzamento di Moro. Un libro da leggere proprio perché non è un libro sugli anni ’70, ma un libro degli anni ’70, scritto allora da uno dei protagonisti storici del movimento, di quelli che non scelsero la strada della violenza, bensì quella della creatività.

mercoledì, aprile 04, 2007

Appello degli "indipendenti", boicottiamo le radio private

Proprio la settimana scorsa, su queste stesse pagine, avevamo descritto il processo di omologazione in atto, ormai da troppo tempo, nella programmazione musicale delle maggiori emittenti radiofoniche private del nostro paese. Un fenomeno sotto gli occhi di chiunque abbia un minimo di sensibilità musicale e che sia in grado di capire come le playlist trasmesse dai grandi network, assomiglino ormai ad un gran polpettone proposto e riproposto più volte al giorno in modo analogo da tutte le emittenti nazionali. Ora, e noi non possiamo che esserne contenti, qualcuno sta cercando di invertire questa tendenza per consentire anche alle produzioni e agli artisti independenti di avere una rilevanza mediatica che troppo spesso gli viene negata; è notizia di ieri infatti, che l’Audiocoop, l’associazione che riunisce più di 100 etichette indipendenti pop rock nata dopo l’esaltante esperienza del MEI del 2001, ha proclamato una giornata di sciopero contro i grandi network radiofonici e televisivi che non trasmettono piu' produzioni indipendenti ed emergenti e i dischi d'esordio dei nuovi artisti italiani, ''danneggiando gli investimenti di ricerca e sviluppo del settore e tutta la nuova musica italiana''. L’invito rivolto agli ascoltatori è quello di spegnere le frequenze delle radio e delle tv che non danno spazio alla nuova musica indipendente, emergente e degli esordienti per il 21 giugno, giorno della Festa Europea della Musica. Per questo è in fase di preparazione un appello rivolto a artisti, promoter, associazioni, circoli appassionati e utenti della radio e tv, ma nel frattempo sono state già raccolte molte adesioni di sostegno. Come quella del sottosegretario ai Beni Culturali, Elena Montecchi, una delle prime ad appoggiare l’iniziativa già a novembre, quando si è svolto un incontro con la Siae e più di venti rappresentanti del settore durante il Mei, il Meeting delle etichette indipendenti. In seguito a questa e ad altre iniziative, come ci ricorda il presidente di Audiocoop Giordano Sangiorgi, è stato rivolto un appello alle trenta radio e tv musicali più influenti nel panorama nazionale al quale nessuno ha mai risposto; si è passati quindi ad organizzare una forma di protesta che mira a sensibilizzare, oltre agli editori, anche il pubblico. “Quello stesso pubblico – ci ricorda ancora Sangiorgi - che sta già abbandonando le radio e le televisioni che non fanno ricerca e sviluppo, e che sempre più preferisce rivolgersi alle web radio e, quando possibile, a radio locali più attente alla produzione ‘altra’”. Proprio l’attenzione verso il pubblico ha spinto alla protesta; un pubblico “negato” alle realtà indipendenti che non hanno spazio sui network, ma che dimostrano invece di essere molto apprezzate quando si esibiscono dal vivo. Il poco spazio a disposizione sui media più famosi impedisce comunque la crescita del settore e, allo stesso tempo, comporta un grande danno culturale al paese negandogli la possibilità di conoscenza di una produzione musicale viva e, diciamoci la verità, molto più interessante di tanta “buona musica” proposta quotidianamente dai dj più famosi. Oltre alla giornata di sciopero, Sangiorgi ci ha comunque confermato che le iniziative non si fermano qui, e che continuerà il dialogo con il Governo attraverso il Tavolo della Musica; un’iniziativa che ha già dato degli ottimi risultati con sgravi fiscali nell’ultima finanziaria, la riduzione dell’iva e dell’Enpals per le esibizioni live delle band emergenti e una nuova Legge per la Musica che sta per avviare il suo iter parlamentare. Tra i prossimi appuntamenti di Audiocoop, invece, il 12 maggio un convegno sulla tutela e lo sviluppo della biodiversità musicale che si terrà al festival della Musica nelle Aie a Castel Raniero con Slow Food Italia come ospite e il 1° giugno a Bologna l'incontro tra i 100 festival per emergenti del Circuito Mei Fest.