mercoledì, maggio 09, 2007

Le nuove Lolite, sul cubo a 12 anni.

“Se fai la cubista sei una donna. Con i clienti della disco treschi soltanto se ti va. Puoi farti pagare se vuoi. Così ti diverti e ci guadagni! È come se fossi già grande, come se avessi un lavoro”. Chi parla è una principessa molto particolare; una principessa perché così la chiamano i suoi genitori separati, da cui probabilmente vorrebbe più attenzione. Lei, l’appellativo con cui la chiamano in casa se lo porta dietro quando va in discoteca, e poco importa se ha solo 12 anni; quando è sul cubo e sotto di lei i ragazzi la guardano vogliosi, sembra proprio che l’età non conti. Quella di “principessa” è una delle cinque storie raccontate da Marida Lombardo Pijola nel suo "Ho 12 anni, faccio la cubista, mi chiamano principessa. Storie di bulli, lolite e altri bimbi" appena pubblicato da Bompiani; un viaggio e un’indagine che la giornalista del Messaggero ha svolto nel mondo dei ragazzi tra gli 11 e i 14 anni, leggendo i loro blog, frequentando le loro scuole ed entrando anche nelle loro discoteche (spacciandosi per una mamma alla ricerca di sua figlia e minacciando di rivolgersi alle autorità quando gli hanno detto “i grandi non possono entrare”). Quella che ne esce fuori è una realtà per certi aspetti sorprendente quando non scioccante (Una bambina racconta di essere rimasta incinta e di aver abortito a 12 anni), che stupisce soprattutto per la normalità con cui le ragazzine parlano delle loro esperienze da donne vissute. Le stesse ragazzine che di mattina frequentano le medie e che al pomeriggio si trasformano varcando la soglia della discoteca; al posto dei libri l’olio per ungere il corpo, al posto di jeans e golfino, perizoma e, quando proprio non se ne può fare a meno, reggiseno, un piercing e qualche tatuaggio e il gioco è fatto, si sale sul cubo e si mimano i coiti con il palo per la lap dance, tanto è facile imparare a ballare “perché basta che accendi la Tv”. L’indagine della Pijola mette in risalto un mondo che i genitori non sembrano in grado di capire e che i media non hanno ancora captato; entrare nelle stanze dei propri figli è sempre più un tabù, ed è lì, nell’alcova di una cameretta che le ragazzine iniziano le loro esperienze nel “mondo dei grandi”, magari solo raccontando le proprie storie su un blog, ma magari anche vendendo i propri spogliarelli davanti alle web cam per pochi euro. I loro modelli sono quelli della società dello spettacolo, dove l’immagine viene prima di ogni cosa, e sono incarnati da Britney Spears e Paris Hilton. Va da sé allora, che per sentirsi come loro non basta solo essere riprese dai cellulari dei ragazzi, ma c’è bisogno di cose più “trasgressive”, come i rapporti sessuali a pagamento con ragazzi rigorosamente più grandi e magari sotto l’effetto di qualche sostanza stupefacente. È una nuova generazione quella inquadrata dalla Pijola, una generazione nata da un paio di anni a questa parte, che sta crescendo troppo in fretta e con il rischio concreto di rimanere presto bruciata sulla strada che porta al ‘sogno’ della notorietà.

giovedì, maggio 03, 2007

Quei volumi in cerca di un tetto

L’intento è dei più nobili: dare finalmente visibilità a quei libri nascosti nei cassetti della gente comune. Diari, storie di vita o immaginarie, saggi e quant’altro, che non hanno avuto modo di vivere il percorso che porta alla pubblicazione, ma che, per chi li ha scritti, significano già la realizzazione di un sogno, di un progetto che fa vivere le proprie sensazioni e le proprie emozioni su un foglio bianco, prima immacolato e poi portatore dei propri pensieri. A farli arrivare su uno scaffale romano ci penserà, per il secondo anno consecutivo, l’agenzia di servizi editoriali ''Il Menabò'' che in collaborazione con la libreria ''Liber.MenTe'', e quest’anno anche con il patrocinio dell’Assessorato alle Politiche Culturali, dal 18 al 20 maggio ha organizzato la nuova edizione di “La casa dei libri”, una mostra che vuole dare ospitalità proprio a quei testi scritti non da autori famosi ma da gente comune. L'iniziativa prende ispirazione dal romanzo ''La casa dei libri'' di Richard Brautigan e l’intento è quello di accogliere la passione per la scrittura di donne, bambini e uomini che intendono aprire i loro cassetti reali e della memoria per condividere le loro opere, confrontando i canovacci e i vari stili narrativi e leggendo brani tratti dalle proprie creature cartacee. Una tre giorni dedicata alla passione per la scrittura quindi, dove bambini e anziani possano ritrovarsi vicini di banco per confrontarsi, leggere, ascoltare storie e perché no, anche per cercare di capire qualcosa sui meccanismi del mondo dell’editoria anche se, come ha tenuto a ricordarci Rosanna Romano, l’anima e la voce di questa iniziativa, l’idea di fondo di “Libri senza casa” non è quella di far trovare per forza di cose un editore che pubblichi i manoscritti proposti. “Piuttosto – sottolinea la Romano – il nostro intento è quello di accogliere quelle persone che vogliono ritrovarsi insieme anche solo per il piacere della scrittura, in un momento di confronto fra diverse esperienze e conoscenze. Per questo ogni sera, alla fine degli incontri, ogni autore sarà chiamato a leggere un estratto dai propri testi”. L’avvicinamento al mondo editoriale rimane quindi in secondo piano rispetto a simili iniziative che si sono susseguite negli ultimi tempi anche in altre città italiane, e questo perché, ci spiega ancora la Rossano, “noi vogliamo prima che i nostri autori capiscano che i meccanismi per arrivare alla pubblicazione sono irti di difficoltà e non sempre si ha a che fare con gente onesta. La prima cosa che ‘insegnamo’, infatti, è di imparare a diffidare dei tanti editori a pagamento presenti nel mercato. Quelli disposti a pubblicare anche opere che abbassano il livello della letteratura solo per una mera questione economica”. L’edizione di quest’anno, dopo il buon riscontro di interesse da parte di esperti e media riscontrato l’anno scorso, prevede la prima giornata dedicata interamente alla scrittura con la partecipazione di Annio Stati dell’Università La Sapienza; alla seconda parteciperanno scrittori già affermati e alla terza i partecipanti avranno modo di incontrare gli editori, tra i quali hanno già confermato la loro presenza “Giulio Perrone editore” di Roma e “Scrittura e scritture” di Napoli. Ma la novità più interessante rispetto alla passata edizione è quella che permetterà alle opere presenti alla mostra di rimanere a disposizione in libreria per tutto l’anno. I testi saranno esposti sugli scaffali della libreria Liber.MenTe in via del Pellegrino, 94 e potranno essere letti direttamente in libreria o presi in prestito in quella che diventerà una vera e propria biblioteca permanente di opere inedite. Per spedire i manoscritti invece c’è tempo fino al 15 maggio, tutte le informazioni per partecipare sono a disposizione sul sito www.ilmenabo.it.

mercoledì, maggio 02, 2007

La Chiesa se la prende con il nuovo "Pasquino"

Al concertone del primo maggio non sono mai mancate le polemiche e non poteva esimersi da questa tradizione l’edizione 2007 che ora corre il rischio di essere ricordata, più che per la qualità della proposta musicale della kermesse (in realtà meno soddisfacente degli altri anni) o per l’esordio alla conduzione di Claudia Gerini (da segnalare i sonori fischi dei 700mila quando ha rivolto un appello contro la pirateria), come per l’edizione contrassegnata dalle polemiche intorno alla Chiesa; la stessa che all’epoca di Wojtyla aveva accolto orde di giovani allo stesso concerto, organizzato per il giubileo in quel di Tor Vergata. Tutto ha inizio quando Andrea Rivera, il “citofonista” di “Parla con me”, sale sul palco nel pomeriggio per presentare la prima parte del concerto. In uno dei suoi interventi satirici, tra un omaggio ai morti sul lavoro e uno ai disoccupati, Rivera, che per i suoi spettacoli in strada si era conquistato il “titolo” di Pasquino di Trastevere, ha dichiarato di non sopportare il fatto che “il Vaticano abbia rifiutato i funerali di Welby. Invece non è stato così per Pinochet, a Franco e per uno della banda della Magliana. È giusto così. Assieme a Gesù Cristo non c'erano due malati di Sla, ma c'erano due ladroni”, il tutto condito da una premessa un po’ più piccante: “Il Papa ha detto che non crede nell'evoluzionismo. Sono d'accordo, infatti la Chiesa non si è mai evoluta”. Le prime voci di “sdegno” sono arrivate, di lì a poco, proprio dai padroni di casa; i segretari di Cgil, Cisl e Uil si sono subito dimostrati fortemente critici verso Rivera e Angeletti della Uil ha parlato di “dichiarazioni molto stupide che non condivido”. Ma la vicenda, a quel punto, era ancora alla fase embrionale perché, a rincarare la dose, ci ha pensato qualche ora dopo l’Osservatore Romano, che mai come in questo periodo si sta dimostrando pronto a monitorare e a stigmatizzare tutti i messaggi di dissenso. Toni forti quelli usati dal giornale d’oltretevere, che ha definito le parole di Rivera “Vili attacchi al Papa” e si è poi spinto ancora più in là assimilando la performance del conduttore al terrorismo. "E' terrorismo - spiega il giornale vaticano - lanciare attacchi alla Chiesa. E' terrorismo alimentare furori ciechi e irrazionali contro chi parla sempre in nome dell'amore, l'amore per la vita e l'amore per l'uomo. E' vile e terroristico lanciare sassi questa volta addirittura contro il Papa, sentendosi coperti dalle grida di approvazione di una folla facilmente eccitabile". L’Osservatore ribadisce poi la pericolosità delle frasi in un contesto che vede quotidianamente “attacchi e minacce, pesanti, rivolte al presidente della Cei in un'offensiva che cerca di trovare terreno fertile nell'odio anticlericale". La bomba arriva all’improvviso sulle scrivanie delle segreterie ed è tutto un fiorire di condanne contro Rivera, fino alla richiesta delle pubbliche scuse alla Chiesa e ai sindacati stessi fattagli da Bonanni, leader della Cisl, il cui vecchio segretario, Savino Pezzotta, è ora portavoce del family day. A fare da contraltare alla posizione del Vaticano è arrivata la dichiarazione di Sandro Curzi, consigliere di amministrazione Rai. “Mentre le pagine dei giornali sono piene delle minacce terroristiche al presidente della Cei e delle polemiche sul family day – scrive Curzi – è francamente irresponsabile buttare benzina sul fuoco per meschine strumentalizzazioni politiche. A prendere le distanze e a chiarire tempestivamente l’episodio sono intervenuti tutt’e tre i segretari confederali e il direttore di Rete Tre. Che si voleva di più? Che bruciassimo in piazza Rivera? Che si dimettesse il governo? Che Marx chiedesse scusa per essere venuto al mondo? Dispiace – conclude l’ex direttore di Rai Tre – che anche l’Osservatore Romano, che nella sua storia ci aveva abituati a ben altri e alti toni, si sia lasciato coinvolgere da un clima che tutti gli uomini di buona volontà dovrebbero cercare di svelenire piuttosto che caricare di rancorosa propaganda. Scrivere quello che ha scritto l’Osservatore, significa in tutta evidenza rischiare di fare esattamente ciò di cui si accusa l’avversario, anzi il ‘nemico’”. Il giovane conduttore, intanto, stupito e dispiaciuto dal polverone, ha voluto ribadire attraverso il suo sito che la sua è una satira che “vuole invitare a riflettere e non certo a creare un clima di odio e istigazione inutile e pericolosa”, peccato che il suo messaggio abbia avuto tutto un altro effetto.