venerdì, giugno 29, 2007

Le web radio americane contro gli aumenti per il Copyright

Che il mondo della radiofonia stia vivendo una nuova età dell’oro è ormai un dato di fatto, lo dimostrano una crescita esponenziale a livello di ascolti e i conseguenti introiti pubblicitari che il “medium caldo”, secondo la definizione di Marshall McLuhan, sta attirando a se. Nonostante l’età e la concorrenza di sistemi di comunicazione più modeni e interattivi la radio continua dunque ad affascinare e a coinvolgere gli ascoltatori. A questa rinascita del mezzo fanno però da contraltare alcuni problemi non di poco conto che hanno portato a due protoste significative per tutto il settore; in Italia in occasione della Festa della Musica le associazioni della musica indipendente hanno indetto una giornata di “boicottaggio” contro i grandi network, poco sensibili verso la musica emegrente e i giovani artisti. Il 26 giugno invece, un’altra giornata di protesta è stata indetta negli Stati Uniti, dove ad “incrociare le braccia” e a spegnere i microfoni sono stati gli operatori delle web radio, settore che proprio in America è emerso più che in ogni altro paese come un fenomeno ormai affermato. Il 26 giugno è stato il “Day of silence” per tutte le radio web americane chetutte insieme hanno un bacino di utenza potenziale che si aggira sui 50 milioni di ascoltatori. In realtà la giornata del silenzio però non sembra aver ottenuto i risultati sperati, almeno a giudicare dalle reazioni degli ascoltatori che non sarebbero state poi così numerose, ma i promotori dell’iniziativa, organizzata da SaveNetRadio Coalition, che annovera tra i suoi membri Yahoo, Viacom e RealNetworks, hanno comunque definito la prima protesta delle web radio un evento, che ha provocato non poche discussioni attorno al tema del dibattito. Lo sciopero è nato infatti per protestare contro un aumento dei diritti d'autore pagati a musicisti e case discografiche, un aumento che secondo gli organizzatori potrebbe tagliare le gambe alla nuova industria in fase di decollo. L’intento dell’iniziativa era quello di sensibilizzare l’opinione pubblica sulla vicenda visto che, secondo l’organizzazione, la proposta di legge conterrà anche una serie di imposte aggiuntive che faranno lievitare i costi delle emittenti online di un miliardo di dollari. Costi proibitivi che non permetterebbero più una sana gestione delle emittenti. Secondo la nuova legge (il Copyright Royalty Board) approvata a marzo, le emittenti web devono pagare diritti d'autore di 0,0008 dollari per ogni canzone nel 2006, ma la tassa salira' a 0.0019 dollari nel 2010 e la prima rata e' attesa il 15 luglio di quest'anno. Secondo le nuove regole dunque le sei principali radio via internet: Pandora, Yahoo, Live365, RealNetworks Inc, AOL e MTV Online, dovranno pagare il 47% delle loro entrate del 2006 (37,5 milioni di dollari) in diritti d'autore. SaveNetRadio sostiene che il provvedimento proposto dalla commissione sui diritti d'autore del governo statunitense ucciderà la fiorente industria se dovesse entrare in vigore il 15 luglio."L'industria verra' decimata da queste nuove tasse" sostiene Jake Ward portavoce del gruppo organizzatore che fa base a Washington e che vorrebbe contributi piu' bassi per i webcaster. I contributi pagati da radio via etere e via satellite non sarebbero - secondo Ward - ingenti quanto quelli ora richiesti alle stazioni che trasmettono attraverso la rete. Dall’altro lato della barricata c’è SoundExchange, l’associazione che rappresenta più di 20mila artisti, 2500 etichette discografiche e 4 importanti compagnie e raccoglie i diritti d'autore da internet, satellite e cavo, che attraverso il suo portavoce Richard Ades ha dichiarato "Vogliono la musica ma non vogliono pagare". Un braccio di ferro che mette dunque in competizione le nuove tendenze del web, il popolo della rete, e in generale l'ipod generation, contro le grandi lobby delle industrie discografiche, che a giudicare dai risultati, per il momento, sembrano essere uscite vincitrici dal primo round.

venerdì, giugno 22, 2007

Cronache da Second Life

Non hanno sosta le notizie che arrivano dal mondo virtuale di Second Life. La crescita di utenti che sta interessando il mondo parallelo creato dalla Linden Lab, infatti, fa ormai gola a tanti settori della società che entrano nel “sistema” avendo così la possibilità di intercettare una interessante fetta di pubblico. Solo nell’ultima settimana su Second life sono infatti sbarcati psicologi, ecologisti, produttori e registi cinematografici per presentare film e ultimo in ordine anche il primo quotidiano italiano: il giornale. Curiosità ha destato la decisione di indire una conferenza stampa di presentazione del film “Transformer”, il kolossal che porterà sullo schermo le vicende delle macchine robot; oggi infatti il regista Michael Bay incontrerà il popolo degli internauti insieme agli attori Shia LaBoeuf e Megan Fox presso il “Sector 7”, così denominato in omaggio alla zona sotterranea, che appare nel film, in uscita il prossimo 28 giugno. Dopo il botta e risposta col cast, che risponderà alle loro domande, il popolo dei navigatori potrà esplorare lo spazio virtuale, accedere a materiali di produzione esclusivi e personalizzare i propri avatar, con gadget e accessori del film. Notizia anch’essa curiosa è quella resa nota dalla rivista APS Observer, organo ufficiale dell’Association for Psychological Science, che ha rivelato come Second Life stia diventando un importante oggetto di studio per psicologi, psichiatri e sociologi. Addirittura il dipartimento di comunicazioni della Stanford University studia SL sin dall’inizio, con la presenza dell’avatar di un suo ricercatore, Nick Yee, arrivato alla conclusione che “Le persone tendono ad adeguarsi agli stereotipi suggeriti dai loro corpi digitali, gli avatar più attraenti tendono a essere più amichevoli e confidenti, gli avatar più alti si mostrano più aggressivi di quelli bassi”. L’interesse degli scienziati non è però piaciuto ai navigatori tradizionali che si sono convinti di essere constantemente “studiati”, così la Linden Lab ha iniziato a chiedere ai ricercatori di rivelarsi e chiedere una sorta di consenso informato agli altri avatar. Intanto sulla falsa riga di quanto già fatto da importanti organi di informazione stranieri come NBC, CBS e Reuters, ieri è stato il giorno dell’arrivo nel mondo parallelo del primo quotidiano italiano. Ilgiornale.it ha aperto infatti la sua sede ufficiale nell’isola di Elegua, una delle zone più frequentate, con l’intenzione di creare un luogo di aggregazione all’interno del quale sono presenti per ora tre mostre; nella prima sarà organizzata una proiezione del materiale multimediale prodotto da ilGiornale.it, nella seconda si ripercorrerà la storia dal 1974 (anno di fondazione de ilGiornale) a oggi, attraverso le prime pagine più significative della testata e l’ultima ospiterà una mostra delle vignette di Forattini. E mentre anche le agenzie di lavoro cominciano ad interessarsi del fenomeno facendo svolgere colloqui virtuali per lavori reali anche gli ambientalisti hanno acquistato la loro isola: si tratta di Ecopolis, creata da Legambiente e La Nuova Ecologia gestita all’insegna di una sostenibilità a tutto campo con una spiaggia selvaggia sul mare, una cascata, case dai tetti verdi alimentate a pannelli solari e un impianto eolico per tutti. E ancora un ecodancing per ballare senza appesantire la propria impronta ecologica, e per muoversi solo biciclette e auto elettriche. Sì, peccato si tratti di realtà virtuale.

Ancora violenza nei videogiochi, “Manhunt 2” vietato in Italia

Tornano in primo piano le polemiche legate alla violenza nei videogiochi. Questa volta a finire sul banco degli imputati è stato il videogame 'Manhunt 2' ('Caccia all'uomo 2') sviluppato dalla società americana Rockstar Games e disponibile per Playstation 2 e Nintendo Wii. Il videogioco è già stato vietato in Gran Bretagna perché giudicato troppo violento, tale da poter causare danni a adulti e bambini e ora anche il ministro delle comunicazioni Gentiloni ha espresso parere negativo alla sua commercializzazione in Italia chiedendo alla Take Two di non distribuirlo nel nostro paese. La decisione di vietare il gioco in Gran Bretagna è stata presa dall’Ufficio di classificazione dei film (Bbfc) che non arrivava ad una tale sanzione da dieci anni, quando a finire tra le scure della censura fu “Carmageddon”. La motivazione che accompagna la decisione di vietare la commercializzazione nel Regno Unito recita: “il seguito di ‘Manhunt’ - già noto per essere molto violento - si concentra in permanenza su inseguimenti e omicidi brutali, incoraggiando a uccidere in maniera efferata.” Il direttore dell'organismo di classificazione dei film, David Cooke, ha inoltre spiegato che non è stato possibile suggerire semplicemente modifiche al gioco poiché vi regna un ambiente "sadico". Ora gli sviluppatori hanno sei settimane di tempo per ricorrere in appello contro la decisione, ma le possibilità di capovolgere il verdetto sembrano molto basse per un gioco che già nella sua prima edizione del 2003 aveva rischiato il divieto totale, trasformato poi in un divieto ai minori di 18 anni.
In Italia l’uscita di “Manhunt 2” era prevista per il 13 luglio, ma proprio ieri il ministro paolo Gentiloni, dopo il divieto in Gran Bretagna e Irlanda e l'appello di Telefono Azzurro alle istituzioni, ha deciso di bloccarlo definendolo, in linea con il giudizio del Bbfc, “un gioco crudele e sadico più che violento, con un’ambientazione squallida ed un continuo, insistente incoraggiamento alla violenza e all’omicidio”. Decisione accolta con favore anche dal Codacons, che attraverso il Presidente Carlo Rienzi ha espresso soddisfazione, ma ha anche esortato a controllare a tappeto il mercato dei videogiochi contraffatti per evitare che quelli vietati finiscano comunque nelle mani dei minori per vie traverse. Anche in Italia, come nel Regno Unito, la prima edizione di Manhunt era stata accettata. Distribuita nel 2003, fu classificata come adatta ai maggiori di 18 anni. "Ma - sottolinea Gentiloni - assolutamente non aveva le stesse allarmanti caratteristiche di questa seconda edizione". Ora il tema della violenza dei videogiochi arriverà all'ordine del giorno della Conferenza dell'Isfe, l'organismo associativo europeo che riunisce i produttori di videogiochi, prevista a Bruxelles il 26 giugno, con la partecipazione di Vivianne Reding, della Commissione europea per l'informazione e le tecnologie. È stato lo stesso ministro Gentiloni, informa una nota del ministero delle Comunicazioni, a chiedere al presidente dell'Isfe di affrontare il tema a livello europeo. Il Presidente dell'Isfe ha accolto la richiesta e il problema di Manhut 2 è stato inserito al primo punto all'ordine del giorno. Intanto non si è fatta attendere la risposta ufficiale della Take 2 che si è detta “amareggiata della decisione”, sostenendo che “‘Manhunt 2’ è un'esperienza videoludica per i fan dei thriller psicologici e dell'orrore. Il soggetto del gioco è in linea con la scelta editoriale dei nostri principali titoli, dedicati a consumatori adulti che sono il target a cui miriamo”. Dopo i casi di Mortal Kombat, di Doom (videogioco spara-tutto che dopo il Massacro della Columbine High School in America nel 1999 venne visto come ispiratore della strage da alcuni parenti delle vittime), di Grand Theft Auto III e di Rule of Rose dunque, nuova materia per la discussione sulla violenza dei videogiochi, una discussione destinata, a questo punto, a durare a lungo e a cui non è facile trovare una soluzione condivisibile dalle diverse parti; resta da capire quale sia la linea di demarcazione tra lecito e illecito, ma anche e soprattutto come tutelare, oltre ai minori, anche quegli utenti che continuano a vedere i videogiochi solo per quello che sono: un ambiente ludico dove poter giocare e divertirsi.

Panzeri: “presto vedremo l’Air Guitar in televisione”

Lele Panzeri, direttore creativo della Lowe Pirella, l’anno scorso è stato tra i promotori del primo Air Guitar Contest italiano tenutosi al Tunnel di Milano, storico locale rock del capoluogo lombardo. Una serata evento in cui gente comune ha avuto la possibilità di sentirsi una star in quello che sta diventando un vero e proprio fenomeno che per lui presto arriverà in televisione.

Panzeri, come vi siene avvicinati al fenomeno Air Guitar?

È un fenomeno che abbiamo visto crescere negli altri paesi. Nel mondo esiste ormai da vent’anni mentra in Italia nessuno ci aveva ancora pensato. Su internet e YouTube però era possibile visionare centinaia di video e allora insieme ad un gruppo di amici abbiamo deciso di provare ad organizzare il primo Contest italiano in maniera un po’ casalinga ma efficace.

Come è andata?

Direi benissimo. È chiaro che quando si fa una cosa per la prima volta si è sempre portati a dire che è stata magica, ma mai come in questo caso è la verità. L’air guitar è un fenomeno spontaneo e lo abbiamo vissuto come tale pasando una serata molto divertente. La serata al Tunnel di Milano ha avuto un gran sucesso tra il pubblico tale che stiamo già pensando ad una nuova edizione per l’autunno prossimo, ma questa volta vogliamo fare qualcosa di più concreto cercando di coinvolgere anche degli sponsor.

Pensa che si possano trovare sponsor interessati?

Assolutamente. Quella dell’air guitar è una realtà che coinvolge molti giovani e è facile che l’onda di questo fenomeno possa essere presto cavalcata anche commercialmente dagli sponsor. Io lo vedo come il corrispondente maschile e rock di “Non è la rai” o quello giovane della “Corrida”. È un fenomeno molto televisivo, e non dubito che presto lo vedremo su qualche rete. Del resto si tratta anche di volersi mostrare e in un periodo come questo in cui in tv si fa la fila per apparire…

Si è chiesto Panzeri cos’è che spinge le persone a salire sul palco per mimare un pezzo rock senza strumenti?

Per me non c’è tanto da chiedersi in realtà. La passione per il rock ha sempre generato il fenomeno del suonare davanti allo specchio per assomigliare a un rocker famoso. Per questo non c’è bisogno nemmeno di fare allenamento, lo si fa e basta. Una cosa è certa: ci vuole veramente una gran bella faccia tosta, perché le assicuro che farlo davanti a mille persone da un impatto molto violento per chi non è un professionista. Non è per niente facile a differenza di quanto sembra.

E volendogli dare una valutazione sociologica?

Se proprio vogliamo darla direi: la rivincita di chi per tutta la vita ha comprato musica e biglietti musicali. Ma direi che la definizione che abbiamo adottato è ancora più esplicativa: il carnevale dello stronzo qualsiasi che diventa star per una sera. L’Air Guitar è una via di mezzo tra l’oratorio e il club mediterranee, la spontanea associazione a delinquere, l’happy hour e la festa in discoteca. È veramente popo nel senso di popolare, un fenomeno molto carino perché le rock star siamo noi per una volta. C’è dentro quasi una vena di rivoluzionaria in tutto ciò.

giovedì, giugno 21, 2007

Musica indipendente, oggi lo sciopero

Appuntamento oggi con la giornata di sciopero contro i grandi network radiofonici colpevoli di non inserire nelle proprie programmazioni la musica indipendente e quella dei giovani gruppi emergenti. Una giornata di protesta in cui Audiocop, l’associazione che riunisce più di cento etichette indipendenti, chiede agli ascoltatori di spegnere le radio che fanno capo alle grandi multinazionali del disco e trasmettono musica seguendo le regole delle Playlist e del Music Control. Ne abbiamo parlato con Enrico Capuano, cantatutore romano da sempre in prima linea nel proporre la musica indipendente e oggi conduttore di “Radio Casbash”, trasmissione in onda da settembre e fino a fine giugno su Teleambiente. Capuano, lei si è sempre impegnato per promuovere la musica indipendente. Da dove nasce questo bisogno? La musica indipendente rappresenta un panorama troppo interessante per essere messo da parte come fanno i grandi network. Io faccio trasmissioni ormai da 25 anni (la prima su Radio Onda Rossa a 13 anni, ndr) e ho sempre cercato, nelle mie esperienze, di dar voce alle realtà più interessanti della musica indipendente e emergente perché è proprio da questo settore che possono arrivare proposte nuove e originali. Meritano più spazio di quello che hanno attualmente e quindi per me è giustissimo creare nuovi spazi per dargli più possibilità. È da questo bisogno che nasce “Radio Casbash”, una trasmissione in cui gli artisti indipendenti hanno spazio e visibilità per la promozione della loro musica e dei loro videoclip. È da qui che nasce anche la voglia di diventare testimonial dello sciopero? Sì, perché abbiamo deciso di lanciare un segnale, un appello. Non è che vogliamo fare una manifestazione contro le radio, ma fargli capire che ci siamo anche noi. Non chiediamo certo di rivoluzionare i palinsesti, ma di dare un po’ più di spazio agli indipendenti perché adesso, se si esclude “Demo”, nessun’altro si occupa del fenomeno. Dovrebbero capire che il nostro settore ha delle grandi potenzialità e che dargli un po’ di visibilità è ormai necessario. Insomma, se Capuano e Piotta riescono a suonare sul palco del primo maggio facendo ballare 500 mila persone vuol dire che la musica indipendente varrà pure qualcosa. Io in fondo posso ritenermi fortunato visto che tra gli indipendenti sono uno di quelli che suona di più in giro per l’Italia e anche per questo sono in prima linea come, diciamo così, “speaker” di tutto il settore. Quindi secondo lei le radio non hanno tutte le colpe? Le radio, purtroppo, fanno parte di un circuito difficile da cambiare, ma non sono le uniche ad avere colpe. Io vedo nella musica italiana quelllo che purtroppo accade in tanti altri settori; una sorta di lobbismo che consente a gruppi con appoggi alle spalle di arrivare al successo anche con cattiva musica e l’impossibilità all’accesso di certi canali per chi non è appoggiato da nessuno. Le idee ci sono e sono anche buone, ma a certi livelli diventa veramente difficili farsi conoscere. Sembrerà strano, ma nel 2007 c’è ancora una forte distinzione di classe anche nella musica che invece è un “diritto” del popolo e come tale dovrebbe essere salvaguardato. Quali sono le soluzioni per Capuano? Io mi rivolgo soprattutto ai più giovani. I gruppi emergenti devono sforzarsi di fare cose interessanti. Produrre qualcosa di originale, con professionalità e approfondendo le proprie passioni. Devono partire da loro stessi per creare interesse. Ma a questo deve far seguito anche l’attenzione del pubblico. Quello che non vedo oggi è l’interesse per le nuove idee come accadeva ad esempio negli anni ’70 quando c’era una grande disponibilità verso i nuovi ascolti. Per le soluzioni da attuare subito invece mi piace l’idea di Sangiorgi, quella di creare un canale satellitare Rai dedicato interamente alla musica indipendente, ma in questo dobbiamo essere tutti più forti e far sentire la nostra voce anche al “tavolo della musica” per far sì che le promesse diventino presto realtà.

venerdì, giugno 15, 2007

Sangiorgi: “Creiamo RaiSat Musica per far crescere la musica italiana”

I primi risultati ottenuti dal “Tavolo della musica” in questi giorni hanno soddisfatto quanti si stanno impegnando per il miglioramento della condizione della musica italiana. Alla soddisfazione espressa ieri, su Off, dal Presidente della Commissione Cultura Pietro Folena, si aggiunge oggi quella di Giordano Sangiorgi, presidente di Audiocoop, il primo a scendere in campo nell’organizzare un soggetto in grado di far riunire allo stesso tavolo Governo e maggiori associazioni musicali italiane. Ora Sangiorgi si dice “estremamente soddisfatto” di quanto il “Tavolo della musica” sia riuscito a fare fino ad ora, e chiede che a questo primo passo faccia seguito un lavoro continuo e duratore per riuscire ad arrivare presto ad una nuova legge per la musica.
Presidente Sangiorgi, il “Tavolo della musica” comincia a far vedere i primi risultati. Soddisfatti? Decisamente sì. Abbiamo sostenuto sin dall’inizio il progetto e ora ne otteniamo finalmente un riconoscimento positivo. Ritengo che questo sia un soggetto da utilizzare ormai anche negli altri rapporti per arrivare presto a soluzioni utili e condivisibili. Per ora abbiamo ottenuto risultati straordinari; per la prima volta un Governo si è impegnato in prima persona a favore della musica. Quello dell’accordo sulla promozione della musica italiana all’estero è già un grande passo, ora aspettiamo anche che vengano attuati gli sgravi fiscali previsti dal ministro Visco. Un primo grande passo. Come si spostano ora gli obiettivi? Per quanto riguarda la promozione all’estero ci eravamo già attivati come Audiocoop per partecipare al PopCom, una delle più grandi fiere musicali che si svolge a Berlino, e a cui ora parteciperà anche il tavolo della musica, mentre al Mei di Faenza di novembre inviteremo tanti operatori stranieri. Sul Tavolo poi ci sono altre proposte che presto verranno analizzate. Ieri Folena ha parlato di una possibilità di inserire la tematica della musica in Rai? Sarebbe una grande possibilità data alla nostra musica. Il progetto che abbiamo messo sul tavolo noi è quello della creazione di un canale tematico. L’idea è quella di creare “RaiSat Musica”, un canale satellitare che preveda anche un grande portale on-line perché non possiamo comunque correre il rischio di rimanere tagliati fuori dal grande mercato digitale e per far sì che il grande patrimonio musicale italiano, storico e moderno, possa avere una grande visibilità. Un portale cliccabile dai siti della Rai di Audiocoop e del Ministero dei beni Culturali per creare un rapporto collaborativo tra pubblico, attraverso l’archivio di Stato, e privato, grazie agli artisti che metterebbero a disposizione la propria opera. A questo tema si è mostrato molto attento anche il ministro Gentiloni e speriamo di riuscire ad arrivare presto alla realizzazione del progetto. La Musica italiana si aprirebbe così alla multimedialità. La musica italiana corre il rischio di perdere visibilità se non si trovano soluzioni che tengano conto delle nuove tecnologie e della loro interconnessione. Abbiamo pensato a questo progetto perché solo con la Tv rischieremmo di essere già vecchi e solo con il web, invece, il rischio è quello di non essere capiti abbastanza e di essere fagocitati dal grande merato. Intanto Audiocoop però è anche impegnata nella giornata di protesta contro i grandi network radiofonici del 21 giugno. Purtroppo i grandi network non hanno mai voluto partecipare al “Tavolo della musica” e continuano ad essere indifferenti alla produzione di musica italiana indipendente. Gli ultimi dati sono ancora più preoccupanti. All’ultimo convegno organizzato da Audiradio non parteciperà nemmeno “Aeranti Corallo”, l’associazione che riunisce delle radio locali e l’ultima chart dei singoli più trasmessi dalle radio parla chiaro; solo sei dischi italiani nei primi 40. I grandi network, purtroppo, continuano ad essere asserviti alle grandi multinazionali e a non collaborare con noi. Appuntamento nella giornata della festa della musica allora. Sì. Coglieremo l’occasione della festa della musica per cercare di sensibilizzare l’opinione pubblica. Tante sono state le adesioni e tante saranno anche le iniziative che abbiamo in programma in tutte le città. A Milano presso la Fnac i set acustici di Vallanzaska, Garretti, Black Eyed Dog. A Faenza il concerto in Piazza Nenni del pianista jazz Franco D’Andrea e il suo New Quartet e a Roma, davanti alla sede della Siae, il concerto di Capuano e Piotta.

giovedì, giugno 14, 2007

Sinead O' Connor canta il Vecchio Testamento

Quella di Sinead O’Connor che strappa la foto di Papa Giovanni Paolo II rimarrà alla storia come una delle immagini mediatiche più forti di sempre. Era il 1992 e quella sera negli studi della Nbc, dove si trasmetteva il “Saturday night live”, più di qualcuno rischiò le coronarie per quel gesto di protesta verso le testimonianze di abusi su minori nelle scuole cattoliche irlandesi e la relativa difesa della Chiesa e del finanziamento del Vaticano per le spese legali dei sospetti. Oggi, dopo 15 anni, la O’Connor torna sulla scena con un nuovo disco che, per i temi trattati, non può non far tornare alla mente la sua performance, anche se la 40enne cantante irlandese ha sempre preferito soprassedere sull’argomento, salvo poi riservare un trattamento particolare all’attuale pontefice, definito recentemente “un Papa per cui non si prova nulla: tiepido, freddo, che non è né carne né pesce, come dicono le Scritture”. L’ultima fatica della O’Connor si chiama “Theology”, un album dai contenuti teologici basato, come spiega lei "Sul Vecchio Testamento, quello meno conosciuto e più affine alla sensibilità di un'artista." Un lavoro nato nell’anima di Sinead, cattolica irlandese, ma sempre pronta a condannare le gerarchie ecclesiastiche e le organizzazioni religiose, che con “Theology” ha dichiarato di voler “semplicemente fare qualcosa di bello, qualcosa di bello che mi ispira" in quella che è la sua risposta personale a quello che è successo e che influenza la vita di tutti in tutto il mondo dall'11 settembre 2001, “un tentativo di creare un posto di pace in tempo di guerra”. Il disco, pubblicato in Italia dalla Radiofandango di Procacci e Senardi, su etichetta That’s Why There’s Chocolate and Vanilla, è un doppio album, ovvero diviso in due dischi. Il primo, “Dublin Session”, prodotto da Steve Cooney, il secondo, “London Session”, da Ron Tom. Il primo cantato in versione acustica, il secondo realizzato con band e orchestra, ma che propongono un programma quasi identico. "Theology", in cui la O’Connor interpreta anche salmi sacri e versi estratti dai libri di Giobbe, Isaia e Geremia, contiene 8 canzoni inedite: "Something beautiful", "Out of the depths", "33", "Dark I am yet lovely", "If you had a vineyard", "The glory of Jah", "Watcher of men" e "Whom so ever dwells". E tre cover: un omaggio all’orgoglio afroamericano con una versione soul di "We people who are darker than blue" di Curtis Mayfield, inno al rispetto di sè; il tradizionale spiritual reggae "Rivers of Babylon" con il testo riscritto da Sinead O'Connor e un'interpretazione feroce di "I don't know how to love him" (tratta da "Jesus Christ Superstar") della coppia di autori Andrew Lloyd Webber e Tim Rice che una volta ascoltata l’interpretazione ha dichiarato: "La voce magnifica di Sinead O'Connor mi ha permesso di trovare nuove prospettive in una canzone che è parte della mia vita dal 1970. Riesce sempre a cogliere la profondità di ciò che canta, che sia un lavoro suo o di altri. Sono contento di essere uno degli altri in questa occasione". Un perfetto biglietto da visita per una donna che attraverso le sue canzoni vuole ora “trasmettere con la musica qualcosa di bello, stimolare chi ascolta alle proprie meditazioni spirituali, ed esprimere gratitudine al Creatore”.

martedì, giugno 12, 2007

Giò di Sera, l’arte al servizio del prossimo

DJ, radio maker, organizzatore d’eventi e showman. Giò di Sera è un’artista a 360 gradi che vede in Leonardo Da Vinci il suo ispiratore e che ha scelto Berlino come sua città d’adozione dopo essere cresciuto tra i vicoli e le alterne vicende di Napoli. Giò “emigra” in Germania da ventenne, quando Napoli e la Campania sono alle prese con il dopo terremoto e i suoi tentativi di emergere e di sopravvivere all’indifferenza risultano vani. Berlino sembra accoglierlo a braccia aperte e, a cavallo della caduta del muro, riesce a trovare nel quartiere di Kreuzberg quel terreno fertile utile a farlo crescere e ad avere il riscontro che cercava. Ora è uno dei più conosciuti rappresentanti della comunità italiana nella capitale tedesca e si sta imponendo anche per il suo impegno sociale che da sempre lo contraddistingue. Lo stesso che lo ha portato a “creare” il Berlingo, divenuto famoso soprattutto attraverso il tuo programma radiofonico Radio Kanaka International, “un remix di varie lingue europee associate a un certo slang urbano inventato da Don Rispetto (il suo alter ego alla radio e in strada. nda). Un’idea che nasce nel micro/macro cosmo di Kreuzberg e cela l'evidente, forte necessità di ‘intercomunicare’ fuori dagli schemi prestabiliti della comunità internazionale e multiculturale berlinese”. La sua è una lunga carriera che lo vede, all’inizio, alle prese con la poesia e con il microfono di alcune band post-punk, ma capisce presto che l’arte che lo appassiona di più è quella della pittura, a cui si dedica passionalmente dopo il suo arrivo a Berlino. Comincia poi a fondere tra di loro le varie forme di espressione artistica presentandole in decine di mostre e diventando un punto di riferimento nella scena berlinese. Ma quello a cui tiene di più quando lo raggiungiamo telefonicamente nel suo ufficio è di raccontare il suo impegno sociale che lo vede cominciare, subito dopo la caduta del muro, progetti socioculturali come "To stay here is my right posse", contro il razzismo e il degrado nelle periferie urbane. Ora dopo più di 15 anni l’impegno suo e dei suoi collaboratori sta per essere convogliato in un nuovo progetto; StreetUnivercityBerlin, una sorta di università popolare che vuole mettere i giovani delle comunità più disagiate nella condizione di poter tirar fuori il meglio di se. Un’Università della strada, che attraverso i linguaggi e le subculture in essa presenti vuole guidare i giovani e aiutarli ad emergere. “L’appartenenza alla strada non è una cosa negativa in senso assoluto – ci dice – è importante che questi giovani sappiano farne buon uso. Quello che cerchiamo di dargli è la capacità di sfruttare le proprie potenzialità per creare una sorta di melting pot nella società e per arrivare così a soluzioni pratiche nel quotidiano”. L’obiettivo è quello di far recuperare ai cosiddetti “loser”, che si autoemarginano, il rispetto di se stessi, dandogli coscienza delle proprie possibilità. “Tutto questo – continua Giò – facendogli capire da subito che siamo indipendenti dal sistema in quello che io chiamo un ‘salutare distacco’ dall’assistenzialismo dello stato e delle istituzioni in genere, perché noi non vogliamo che questi giovani rimangano passivi, quanto piuttosto convincerli a tirare fuori la loro parte migliore, da impegnare in un progetto che vuole essere a lungo termine”. La StreetUnivercity sarà una vera e propria scuola con quattro diverse facoltà di cui due obbligatorie: “Società e informazione politica”, perché l’intenzione è quella di avvicinare le subculture all’elite e viceversa, e “Competenze sociali e orientamento al lavoro” per aiutarli ad affrontare gli scogli del mondo del lavoro. I due corsi facoltativi saranno invece dedicati all’arte e ai media e allo sport, all’insegna del motto “mens sana in corpore sano”. L’inizio quest’estate con un “summer camp” con workshop di giornalismo e un primo centro aggregativo per cominciare a isegnare a come crearsi alternative. Da ottobre poi gli inizi dei corsi veri e propri: “per creare un nuova dimensione di aggregazione e d'identificazione e dare ai cosiddetti emarginati nuove possibilità di lavoro e di proprio sviluppo imprenditoriale e per realizzare – conclude Giò – il sogno della mia vita, che riunisce e concretizza le esperienze accumulate durante la mia carriera di artista multimediale e streetworker volontario”.

lunedì, giugno 11, 2007

L'ascensore multietnico di Piazza Vittorio

Piazza Vittorio è il luogo dove negli ultimi anni la forte concentrazione di immigrati ha portato alla trasformazione di un quartiere storico della capitale. È il centro di un intreccio di razze e etnie che tutte insieme si ritrovano a condividere strade, negozi e palazzi. Ed è proprio all’interno di uno di questi palazzi che hanno luogo le vicende di “Scontro di civiltà per un ascensore a Piazza Vittorio” (edizioni e/o, 2006), che attraverso le indagini sull’omicidio de “il gladiatore”, un losco personaggio simpatizzante dell’estrema destra, conduce il lettore attraverso le emozioni, i pensieri e le sensazioni degli immigrati che condividono proprio il palazzo in cui è avvenuto l’omicidio. Eccoci così di fronte alla donna di servizio peruviana, che ricorda alla portiera che lei non è filippina, perché viene dal Perù e dice con estrema lucidità: “So che lei è di Napoli, ma non l’ho mai offesa chiamandola La Napoletana”. O all’aiuto cuoco iraniano, che si domanda “Ma chi è italiano? Chi è nato in Italia, ha passaporto italiano, carta d’identità, conosce bene la lingua, porta un nome italiano e risiede in Italia?”. E afferma di aver “lavorato nei ristoranti di Roma con molti giovani napoletani, calabresi, sardi, siciliani”, scoprendo “che il nostro livello linguistico è quasi lo stesso”. C’è poi il proprietario del bar che ricorda come “il più grande giocatore di tutti i tempi, Paulo Roberto Falcao” era straniero, così come “Piedone, Cerezo e Voeller”, giocatori che hanno “fatto la gloria della Roma”. A cucire i pezzi e i racconti dei diversi attori, il diario di Amedeo, protagonista del romanzo (vincitore del premio Flaiano) e voce del giovane autore algerino Amara Lakhous, che questo libro lo aveva già pubblicato in patria nel 2003 con il titolo “Come farsi allattare dalla lupa senza che ti morda”. Una voce ironica ma allo stesso tempo amara, che racconta le difficoltà nel capire l’altro e nel dargli la giusta considerazione. Con lo sguardo di chi la condizione di immigrato in Italia l’ha vissuta sulla propria pelle, Lakhous cerca di far ridere, ma soprattutto di far riflettere sull’assenza di dialogo e sugli equivoci che ne derivano e per questo dice di aver voluto scegliere l’ascensore come metafora, “perché è uno spazio limitato, la gente è obbligata a condividerlo con altre persone, è un ascensore che va su e giù, potrebbe anche guastarsi ogni tanto, è un pretesto per raccontare i vari malintesi che ci sono”. Al suo interno c’è chi vorrebbe l’aria condizionata e chi no. Chi il riscaldamento. Chi la foto del Papa. È un disegno preciso per raccontare l’Italia di oggi, alle prese con la nuova realtà multietnica, di cui Piazza Vittorio continua ad essere l’esempio lampante, che ci viene egregiamente raccontata con gli occhi di uno straniero. Una buona opportunità per chi avesse l’intenzione e la fortuna di leggerlo.

martedì, giugno 05, 2007

Second Life stupisce ancora, nel “mondo parallelo” c’è spazio anche per le orge

Si potrebbe anche dire che c’era da aspettarselo: su Second Life ora si fanno le orge. La notizia l’ha rivelata Hunk Sands, “inviato” del quotidiano on line ‘Affari Italiani’ nel mondo virtuale creato dalla Linden Lab, ma per i frequentatori più assidui non rappresenterà certo un vero scoop, almeno a giudicare dal gran numero di utenti che ha incontrato il giornalista nei luoghi in cui è entrato. Si torna a parlare della comunità virtuale più famosa del mondo quindi, e questa volta perché dal racconto pubblicato in rete da Sands emerge un altro aspetto non poco interessante dell’“altro mondo”; quello delle stanze a sfondo sessuale, dove decine di avatar si incontrano in quelle che sono delle vere e proprie sedute orgiastiche con ogni tipo di rapporto sessuale. Non è la prima volta che si parla di sesso su SL naturalmente, ma se in precedenza ci si era limitati a locali di streaptease piuttosto che ad altri di lap dance, ora la nuova frontiera sembra essere diventata quella del sesso di gruppo. Le immagini riprese infatti, sono inequivocabili e illustrano possenti personaggi maschili, guarda caso tutti super dotati, e donne provocanti, in pose e scene degne delle migliori riprese da cinema porno. A giudicare dalle presenze nelle stanze un indubbio successo che mette ancora una volta in risalto i lati oscuri di un mondo “parallelo” dove si può tranquillamente dare sfogo alla propria immaginazione, rimanendo comunque celati dietro ad una maschera, quella che i residenti si cuciono addosso nel momento della registrazione e della creazione del proprio avatar. Le stanze a sfondo orgiastico della “Seconda Vita” non hanno limitazioni all’ingresso e chiunque può recarvisi senza pagare nulla e cominciare da subito ad interagire con gli altri personaggi, cercando la gloria e la soddisfazione in un appagante orgasmo virtuale. Una volta entrati si apre la caccia e, con gli attributi riproduttivi sempre in bella evidenza, si cercherà di riuscire a convincere la (o il) partner prescelto a lasciarsi andare in effusioni reciproche. Ora è lecito chiedersi cosa è che spinge a cercare questo tipo di soddisfazione attraverso un’immagine in 3d e, soprattutto, quanto e come essa venga ritrasmessa sensorialmente nella realtà, ma forse tutto può essere semplicemente riportato all’interno di un ranch di discorsi sul bisogno (questa volta reale) di relazionarsi con gli altri attraverso le diverse forme offerte dai mezzi che si usano; e se è vero che su Second Life stazionano ormai qualcosa come sei milioni di utenti, che continuano a crescere esponenzialmente negli ultimi mesi, non c’è certo da stupirsi così tanto che il fattore sessuale incida molto sulle abitudini dei residenti. Del resto internet rimane comunque un mezzo usato non poco per la ricerca e il download di immagini porno e non pochi sono i personaggi che hanno dichiarato di soffrire di una sorta di porno-dipendenza legata alla rete; se si considera anche che su Second Life esiste il non trascurabile fattore ludico e quello non meno importante dell’anonimato, allora il dado è tratto. Il rischio più preoccupante sembra comunque essere quello di una deriva a cui un mezzo innovativo, e a modo suo rivoluzionario, come Second Life può andare incontro; sempre più utenti infatti, continuano a lamentarsi dell’uso non sempre corretto da parte dei residenti e anche le polizie di alcuni paesi stanno cominciando ad indagare su alcuni comportamenti che potrebbero essere ritenuti penalmente rilevanti. Una deriva che segnerebbe la fine di una piattaforma che a gran voce è stata definita come l’esempio riuscito e concreto della realtà virtuale.