È la dura vita dei lavoratori dell’“industria” editoriale; spesso senza diritti contrattuali, ma non esenti dal dover rispettare tempi di consegna da maratoneti e sempre alla ricerca di nuovi appigli cui aggrapparsi per non scomparire nel grande buco nero dell’anonimato.
È quella stessa dura vita raccontata sarcasticamente e con gran talento da Flavio Santi nel suo Aspetta primavera, Lucky, romanzo uscito a inizio anno per inaugurare “Luminol”, la nuova collana dei tipi della Socrates.
Un libro che, scimmiottando il titolo e il personaggio di fantiana memoria e accostandosi alla Vita agra di Bianciardi, ci guida in un mondo fatto di licenziamenti di bravi direttori editoriali per far posto al raccomandato di turno e di bollette scadute; di conduttori televisivi che si occupano di libri senza averne mai letto uno e di scrittori ormai vittime del loro essere diventati brand. Il talentuoso traduttore Fulvio Sant, alter ego dell’autore, è così costretto a rifugiarsi “mettendo la testa sotto terra”, come fanno gli struzzi, tappandosi le orecchie e cercando di (r)esistere, pesando quotidianamente le proprie traduzioni per capire se il numero di pagine basterà per luce, gas e telefono a fine mese.
Gli incontri con i personaggi grotteschi che popolano le scrivanie che contano, editori che non pagano (e a voler cercare il pelo nell’uovo ci sarebbe da chiedere all’autore il perché della scelta di non fare i nomi in un libro in cui i riferimenti a cose e persone sono tutt’altro che casuali), una compagna fissa e una con cui soddisfare i bisogni sessuali, la scrittura destrutturata tra il ghostwriting e i mille corsi per improbabili studenti universitari pur di farla diventare pane quotidiano… la vita di Fulvio Sant è tutto quello che non si sarebbe mai aspettato di dover affrontare dopo gli studi, le lauree e i master conquistati con sudore nel tempo. Ma la realtà che emerge dalle pagine di questo piccolo dramma generazionale è ben più amara e allora, a ben vedere, è lui che può permettersi di aggiornare proprio l’autore della Vita agra su quello che è diventato il “suo” mondo oggi: «Caro Bianciardi, tu non puoi saperlo, ma noi siamo la prima generazione di intellettuali-operai. Che buffo, una volta Flaiano ha scritto: “Non ci restano che gli artisti a voler sembrare operai”. Adesso lo siamo diventati per davvero, e non per posa snobistica. […] Senza soldi, senza futuro e senza nulla da perdere e da rimpiangere». Già, una realtà decisamente amara e un libro da far leggere a tutti quelli che, al primo incontro, sono abituati a chiederti: «E tu che lavoro fai?».
Flavio Santi, Aspetta primavera, Lucky, Socrates, Roma 2011