lunedì, giugno 11, 2007

L'ascensore multietnico di Piazza Vittorio

Piazza Vittorio è il luogo dove negli ultimi anni la forte concentrazione di immigrati ha portato alla trasformazione di un quartiere storico della capitale. È il centro di un intreccio di razze e etnie che tutte insieme si ritrovano a condividere strade, negozi e palazzi. Ed è proprio all’interno di uno di questi palazzi che hanno luogo le vicende di “Scontro di civiltà per un ascensore a Piazza Vittorio” (edizioni e/o, 2006), che attraverso le indagini sull’omicidio de “il gladiatore”, un losco personaggio simpatizzante dell’estrema destra, conduce il lettore attraverso le emozioni, i pensieri e le sensazioni degli immigrati che condividono proprio il palazzo in cui è avvenuto l’omicidio. Eccoci così di fronte alla donna di servizio peruviana, che ricorda alla portiera che lei non è filippina, perché viene dal Perù e dice con estrema lucidità: “So che lei è di Napoli, ma non l’ho mai offesa chiamandola La Napoletana”. O all’aiuto cuoco iraniano, che si domanda “Ma chi è italiano? Chi è nato in Italia, ha passaporto italiano, carta d’identità, conosce bene la lingua, porta un nome italiano e risiede in Italia?”. E afferma di aver “lavorato nei ristoranti di Roma con molti giovani napoletani, calabresi, sardi, siciliani”, scoprendo “che il nostro livello linguistico è quasi lo stesso”. C’è poi il proprietario del bar che ricorda come “il più grande giocatore di tutti i tempi, Paulo Roberto Falcao” era straniero, così come “Piedone, Cerezo e Voeller”, giocatori che hanno “fatto la gloria della Roma”. A cucire i pezzi e i racconti dei diversi attori, il diario di Amedeo, protagonista del romanzo (vincitore del premio Flaiano) e voce del giovane autore algerino Amara Lakhous, che questo libro lo aveva già pubblicato in patria nel 2003 con il titolo “Come farsi allattare dalla lupa senza che ti morda”. Una voce ironica ma allo stesso tempo amara, che racconta le difficoltà nel capire l’altro e nel dargli la giusta considerazione. Con lo sguardo di chi la condizione di immigrato in Italia l’ha vissuta sulla propria pelle, Lakhous cerca di far ridere, ma soprattutto di far riflettere sull’assenza di dialogo e sugli equivoci che ne derivano e per questo dice di aver voluto scegliere l’ascensore come metafora, “perché è uno spazio limitato, la gente è obbligata a condividerlo con altre persone, è un ascensore che va su e giù, potrebbe anche guastarsi ogni tanto, è un pretesto per raccontare i vari malintesi che ci sono”. Al suo interno c’è chi vorrebbe l’aria condizionata e chi no. Chi il riscaldamento. Chi la foto del Papa. È un disegno preciso per raccontare l’Italia di oggi, alle prese con la nuova realtà multietnica, di cui Piazza Vittorio continua ad essere l’esempio lampante, che ci viene egregiamente raccontata con gli occhi di uno straniero. Una buona opportunità per chi avesse l’intenzione e la fortuna di leggerlo.

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