giovedì, giugno 14, 2007

Sinead O' Connor canta il Vecchio Testamento

Quella di Sinead O’Connor che strappa la foto di Papa Giovanni Paolo II rimarrà alla storia come una delle immagini mediatiche più forti di sempre. Era il 1992 e quella sera negli studi della Nbc, dove si trasmetteva il “Saturday night live”, più di qualcuno rischiò le coronarie per quel gesto di protesta verso le testimonianze di abusi su minori nelle scuole cattoliche irlandesi e la relativa difesa della Chiesa e del finanziamento del Vaticano per le spese legali dei sospetti. Oggi, dopo 15 anni, la O’Connor torna sulla scena con un nuovo disco che, per i temi trattati, non può non far tornare alla mente la sua performance, anche se la 40enne cantante irlandese ha sempre preferito soprassedere sull’argomento, salvo poi riservare un trattamento particolare all’attuale pontefice, definito recentemente “un Papa per cui non si prova nulla: tiepido, freddo, che non è né carne né pesce, come dicono le Scritture”. L’ultima fatica della O’Connor si chiama “Theology”, un album dai contenuti teologici basato, come spiega lei "Sul Vecchio Testamento, quello meno conosciuto e più affine alla sensibilità di un'artista." Un lavoro nato nell’anima di Sinead, cattolica irlandese, ma sempre pronta a condannare le gerarchie ecclesiastiche e le organizzazioni religiose, che con “Theology” ha dichiarato di voler “semplicemente fare qualcosa di bello, qualcosa di bello che mi ispira" in quella che è la sua risposta personale a quello che è successo e che influenza la vita di tutti in tutto il mondo dall'11 settembre 2001, “un tentativo di creare un posto di pace in tempo di guerra”. Il disco, pubblicato in Italia dalla Radiofandango di Procacci e Senardi, su etichetta That’s Why There’s Chocolate and Vanilla, è un doppio album, ovvero diviso in due dischi. Il primo, “Dublin Session”, prodotto da Steve Cooney, il secondo, “London Session”, da Ron Tom. Il primo cantato in versione acustica, il secondo realizzato con band e orchestra, ma che propongono un programma quasi identico. "Theology", in cui la O’Connor interpreta anche salmi sacri e versi estratti dai libri di Giobbe, Isaia e Geremia, contiene 8 canzoni inedite: "Something beautiful", "Out of the depths", "33", "Dark I am yet lovely", "If you had a vineyard", "The glory of Jah", "Watcher of men" e "Whom so ever dwells". E tre cover: un omaggio all’orgoglio afroamericano con una versione soul di "We people who are darker than blue" di Curtis Mayfield, inno al rispetto di sè; il tradizionale spiritual reggae "Rivers of Babylon" con il testo riscritto da Sinead O'Connor e un'interpretazione feroce di "I don't know how to love him" (tratta da "Jesus Christ Superstar") della coppia di autori Andrew Lloyd Webber e Tim Rice che una volta ascoltata l’interpretazione ha dichiarato: "La voce magnifica di Sinead O'Connor mi ha permesso di trovare nuove prospettive in una canzone che è parte della mia vita dal 1970. Riesce sempre a cogliere la profondità di ciò che canta, che sia un lavoro suo o di altri. Sono contento di essere uno degli altri in questa occasione". Un perfetto biglietto da visita per una donna che attraverso le sue canzoni vuole ora “trasmettere con la musica qualcosa di bello, stimolare chi ascolta alle proprie meditazioni spirituali, ed esprimere gratitudine al Creatore”.

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