martedì, giugno 06, 2006

QUANDO LA RAPINA DIVENTA D'AUTORE

QUANDO LA RAPINA DIVENTA D’AUTORE Un cast eccezionale, una sceneggiatura curata nei partcolari e piena di colpi di scena, ma soprattutto Spike Lee, che stampa la sua chiara firma d’autore in INSIDE MAN uno dei migliori thriller dell’ultima stagione. È possibile uscire dalla porta principale di una delle banche più potenti di New York dopo aver tenuto cinquanta persone in ostaggio e dopo aver derubato l’istituto grazie alla rapina perfetta? A realizzare il sogno di ogni rapinatore ci prova Dalton Russel (Clive Owen) che con la sua banda si introduce nell’affollata hall del Manhattam Trust, una succursale di un’istituzione finanziaria internazionale nella centralissima Wall Street. Con un colpo da maestro, il regista Spike Lee (Malcolm X, Fa la cosa giusta, La 25a ora) decide di farci introdurre il film da un primo piano dello stesso Owen che spiega al pubblico il che, il dove, il quando e il perché di quello che sta per accadere. L’unica risposta che non viene data è proprio sul come sarà possibile mettere a segno il colpo perfetto. Lee “usa” il capo della banda per spiegare che lo spettatore deve seguirlo senza perdere per un attimo le sue gesta e soprattutto le sue parole. Solo così potrà essere in grado di stare dietro alle sorprese e ai colpi di scena che, ogni volta, smontano e rimontano l’intricata vicenda. Ci si rende conto da subito di avere a che fare con un classico del giallo (la bank robbery), ma altrettanto presto si capisce che il regista afro-americano non riesce proprio a farsi imabavagliare dalle regole del genere così facilmente. Quella che sembra una rapina per soldi, diventa così un colpo per ritrovare documenti compromettenti che collegano l’ombroso presidente dell’istituto finanziario, Arthur Case, al regime hitleriano. Lo spettatore viene ripetutamente spiazzato dai continui colpi di scena e dagli aspetti svianti della sceneggiatura e ancor più alla cieca sembra muoversi il detective Keith Frazier (Denzel Washington), negoziatore della polizia di New York. Alle prese con un’accusa di corruzione, Frazier viene chiamato a cercare di risolvere il caso solo per l’assenza del suo superiore e una volta sul posto si scontra prima con l’ostilità dei suoi colleghi, tra cui il Capitano John Darius dell’Unità Mobile d’Emergenza (Willem Dafoe), e successivamente deve fare i conti con l’entrata in scena di Madeline White (Jodie Foster), una potente avvocatessa chiamata a difendere gli interessi di Case. L’eccezionale cast artistico del film, sia davanti che dietro la telecamera (tra gli altri il produttore, vincitore dell’Oscar, Brian Grazer) ha contribuito a fare di Inside Man un ottimo film. Il merito principale resta comunque quello di Lee: l’alternanza del montaggio nervoso e serrato, le riprese con la camera a mano, i dialoghi forti ed enigmatci sono segni della sua maestrià dietro la macchina da presa. Per la prima volta alle prese con un film non indipendente, Lee riesce ad adattarsi perfettamente al genere, senza però abbandonare il suo modo tagliente di fare critica sociale. Il bambino di Brooklyn fan di “50 cent” e il sikh scambiato dalla polizia per un arabo sono i segni di riconoscimento di chi da sempre mette le tematiche sociali ed interraziali al centro delle sue pellicole.