lunedì, dicembre 31, 2007

Buona fine e buon principio...

Ci risiamo... è tempo di bilanci. Ma a me di dare un giudizio sul 2007 non va proprio per niente... vi annoierei, perché in fondo mi lascio dietro un anno che di buono ha portato veramente poco e perché l'elenco delle negatività accumulate sarebbe troppo lungo, quindi preferisco molto di più concertrarmi su quello che sarà... mi aspetta una casa (leggasi anche vita...) nuova, che nel passaggio tra il vecchio e il nuovo anno verrà battezzata dalla prima riunione in terra romana di Kaput (modo garbato per dire che io, Nello e Shak ci andremo ad ubriacare lì per il capodanno). I preparativi per il piccolo trasloco sono terminati: a fianco della mia scrivania ora, una busta con le coperte, un borsone con qualche straccio, 6 bottiglie di vino e anche e soprattutto uno scatolone di libri, quadretti e manifesti da appendere... Bello aggrapparsi a questa nuova esperienza abitativa, segno di una maturità diversa e di una tranquillità ritrovata; il luogo è quello che conoscevo e in cui volevo tornare... il Pigneto, storico quartiere popolare romano in cui Pasolini ha vissuto e ambientato le sue storie e in cui oggi si può respirare una piacevole sensazione; quella di una bella commistione di razze e di esperienze, di storia passata e di nuovi locali da frequentare. Al 2008 insomma ci arrivo con una buona energia, l'ho riconquistata grazie all'arrivo di Michael (vedi post precedente), ma anche grazie ai giorni passati nel mio tenero paesello, sì proprio quello che "qua non si fa mai un cazzo"; grazie ad un po' di riposo, ma anche grazie a qualche nuova sorpresa... E allora sia benvenuto questo nuovo anno, da godere, comunque vada, fino alla fine... anche perché fermarsi prima significherebbe un'altra fine ;-)...
In ascolto: "penso a meno stress e più farfalle", Manifesto - Bandabardò

giovedì, dicembre 27, 2007

Sono zio.

E' nato Michael. Figlio di mio fratello e di mia cognata. Da qualche giorno sono zio. Ora posso confermare quello che mi ha sempre detto la gente he mi è stata intorno in questo periodo: una volta che lo hai visto al mondo, non può che farti un effetto di piacevole stupore, anche se prima sembrava quasi che non te ne fregasse niente. Chiaramente mi ci sono già affezionato e oggi sono riuscito a compiere il gesto di tenerlo in braccio, minchia che botta emotiva ragazzi. Spero che la sua vita sia pieno di tutto ciò che cercherà... Non sarà facile in questo mondo del cazzo.
In ascolto: Goin' against your mind - Built To Spill

giovedì, dicembre 13, 2007

Aspetto un nipote che all'ottavo mese e qualche settimana di gestazione pesa già 3 chili e otto....

Aspetto un nipote che all'ottavo mese e qualche settimana di gestazione pesa già 3 chili e otto.... Certo un pò tutti a casa, compreso me, si stanno chiedendo cosa stia aspettando per uscire... Per il resto... navigo a vista. Progetti che cominciano a prender forma e progetti che vorrei plasmare. Morale decente, ma anche fisico e mente poco impegnati durante le ore di pendolarismo verso la capitale... Pochi film, meno giornali, più musica e tanti libri. Incontri nuovi qualcuno. Ma anche vecchie abitudini da rispolverare e vecchie chiacchiere da scambiare... Famiglia ora e nuova esperienza abitativa presto. Con l'anno nuovo. E poi Napoli, Milano, pizze al taglio, gnocchetti ai funghi porcini e sigarette con Alberto. Qualche sms, l'oroscopo delle Winx e i fumetti erotici. I colleghi nuovi, un simil stipendio e il Mac. Una laurea, un fiore e un nuovo viaggio da fare. Il 19 che porta a Piazza dei Gerani che non prendo da un pò. Gli scrittodattili, il natale che arriva un'altra volta e un nuovo Kaput da preparare. I problemi... che in Italia sono sempre gli stessi. E la politica... che in Italia non cambia mai... Gli occhi stanchi, mezzanotte passata e una doccia da fare...
In ascolto: Una giornata senza pretese - Vinicio Capossela

mercoledì, ottobre 31, 2007

Alla cortese attenzione dei Ministri Di Pietro e Mastella


...La politica del centrodestra al riguardo si è mostrata del tutto indifferente: a vuoti annunci si sono affiancate misure che contrastano con il rispetto della legalità, l’inerzia rispetto alla criminalità economica, un abbassamento della guardia nel contrasto alla criminalità organizzata, l’utilizzo delle forze di polizia per operazioni repressive del tutto ingiustificate; basti pensare ai fatti di Genova, per i quali ancora oggi non sono state chiarite le responsabilità politica e istituzionale (al di là degli aspetti giudiziari) e sui quali l’Unione propone, per la prossima legislatura, l’istituzione di una commissione parlamentare d’inchiesta.
Pag. 77 del Programma elettorale dell'unione

mercoledì, settembre 26, 2007

Ps...

... no, per la tizia non si sono aperte nuove strade.
In ascolto: Catarina - Contrabbanda

venerdì, settembre 21, 2007

Scrittodattilo

E ora chi glielo dice alla Tizia che il manoscritto che aveva nel cassetto e che ha mandato con la speranza di vederlo pubblicato è nelle mie mani!? Eccolo qua il mio primo scrittodattilo, come quelli che leggeva l'Ulisse di Achille Pie Veloce. Il mio primo "inedito" da valutare. Che uno lo valuta il libro sì, ma qua a vederla da un'altra angolazione la questione è ben più complicata. Insomma, io lo leggo sto testo dal titolo pure intrigante, e spero anche che sia buono così almeno non smadonno, ma pensa un pò, il mio giudizio è quello su cui pendono le aspettative e le speranze di un'altra persona... diciamolo pure: dal mio giudizio pende il suo destino; le cose sono due: lo cestino direttamente dopo averne letto le prime dieci pagine e allora ciao e niente di personale... ma se va bene e lo passo all'editor con qualche speranza, ancora, di pubblicazione, allora a quel punto per la Tizia di cui sopra si aprirebbero nuove strade e nuovi percorsi e io avrei significato per lei più di quanto non osi mai immaginare... No, non mi ero ancora reso conto di quanto sia importante la mia figura nelle dinamiche della vita di una persona... azz!
In ascolto:
C'è qualche cosa di sbagliato nell'amore
C'è che quando finisce porta un grande dolore.
Perchè quando un'amicizia muore non c'è

questo strazio che sa di tremenda condanna?
Marlene Kuntz - Uno

domenica, settembre 16, 2007

Colloquio

...e scoprire, in fondo, che tutto quello che hai fatto, incontrato, vissuto, è pure servito a qualcosa. Le esperienze lavorative senza alcuna soddisfazione economica (maledetta precarietà), le storie personali vissute con tanti alti e bassi, il racconto pubblicato da Walter Siti, gli eventi e le manifestazioni organizzate... tutto è tornato nella mia mente in un'ora e mezzo di conversazione con quello che mi piacerebbe, perchè no, fosse il mio prossimo datore di lavoro dopo il periodo di prova che mi ha concesso (anche pechè altrimenti rimarrebbe solo da emigrare...). Non avevo mai affrontato un colloquio serio come questo, ma più che a capire se riuscirò a collaborare un giorno in questa nuova casa editrice, l'incontro di ieri è stato utile a capire tante cose su di me e sono uscito da quella stanza piena di libri, dischi e crocchette per gatti con una strana e piacevole sensazione addosso; una sensazione molto vicina alla soddisfazione, perchè finita la chiacchierata-colloquio sono riuscito a dire a me stesso che si, sono in gioco e che, in fondo, non mi sto comportando nemmeno troppo male... insomma un 6.5 in pagella io per il momento me lo assegnerei... In ascolto: Fabrizio De Andrè - Cantico dei drogati

martedì, agosto 28, 2007

È strano come a volte singoli e apparentemente insignificanti episodi possano dare un senso diverso alla giornata. Insomma; porto addosso questa maglietta con questa scritta di George Orwell da diverso tempo, ma mai le avevo dato il senso di questa mattina. Una mattina passata tra le strette maglie della burocrazia e delle leggi italiane, che mi hanno portato di nuovo ad effettuare i controlli per dimostrare a chissà poi chi, che non sono un alcolizzato solo perché quella sera ho superato il limite all’etilometro dello 0.05%. Comunque, la T-shirt su citata, piacevole ricordo dell’esperienza in Malatempora, recitava: “Nel tempo dell’inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario”… Ora; nel cercare di analizzare il significato globale della frase, scritta dall’uomo capace di realizzare quel capolavoro di libro che risponde al titolo di “1984” ci si potrebbero passare ore, ma non mi sembra questo né il luogo né la situazione adatta per discuterne. Qui piuttosto mi piace appuntare di quell’infermiera bruttina e un po’ svogliata che alle nove di questa mattina, dopo una notte passata insonne e ad occhi sbarrati, mi ha succhiato via dal braccio quel po’ di sangue nell’ambulatorio Usl della città. La tipa non ha fatto niente di speciale, sia chiaro, e forse sono io che, come al solito, ci sto facendo su troppi ricami, ma quando dalla sua postazione di fronte a me sul tavolo, e mentre cercava affannosamente una vena in cui infilare l’ago, ha detto che quella frase “In fondo vale anche per le situazioni personali” mi ha quasi sconquassato più del sangue in meno che mi sono ritrovato a fine trattamento. Mi è bastato rileggerla a mente la frase per capire che la signorina, credo che tale fosse, aveva colpito… “Nel tempo dell’inganno universale”, quando le tue proiezioni sul futuro sono basate solo su speranze che già in passato si sono dimostrate molto fragili, “Dire la verità è un atto rivoluzionario”. E allora sì, basta guardarsi allo specchio per dirsi che no, così non và. Che quell’atto rivoluzionario, in fondo, può essere fatto anche su se stessi. Per guardarla in faccia la realtà. E per cercare di aprire, presto, nuovi orizzonti, nuove idee, nuovi sogni.

In ascolto: One way street - Mark Lanegan

martedì, luglio 31, 2007

Soundpedia, radio 2.0 per sostituire Pandora

Per chi preferisce ascoltare la musica direttamente da internet senza scaricarla, questo è un periodo molto fortunato. Le web radio, fenomeno che per certi elementi riporta alla mente la fortunata stagione delle radio libere, sono sempre più numerose e seguite. Come ogni nuovo fenomeno della rete che si rispetti, anche quello delle web radio sta ora vivendo una nuova fase, quella riguardante la nascita e la crescita dello strumento nel web 2.0, in definitiva una socializzazione musicale che permette agli utenti di poter scegliere quale musica ascoltare e quale proporre ad altri utenti attraverso presentazioni, commenti e opinioni sui brani. Queste nuove web radio sono gratis, macinano features su features per attirare il maggior numero di utenti rimanendo il 99% delle volte gratuite e, cosa più importante, sono personalizzabili. Internet si sta dotando per questo di nuovi strumenti. Risultato: le webradio 2.0 sono ora sempre più numerose e frequentate. Oggi ci sono differenti servizi di Social Music (LastFM in primis) e “semplici” radio personalizzabili in Flash, ma negli ultimi tempi sta salendo alla ribalta quello che per molti è desitinato a diventare in breve tempo il punto di riferimento di tutto il settore. Parliamo di Soundpedia.com che, come suggerisce il nome, è una vera e propria enciclopedia della musica dove si possono trovare praticamente tutte le canzoni ed i cd presenti sul mercato. Soundpedia.com è una directory di musica legale offerta dalla community stessa che la compone. Il database è molto ricco e permette a tutti di ascoltare i brani proposti in streaming su qualsiasi pc e, ciliegina sulla torta, offre anche la possibilità di trovare tutti i testi delle canzoni presenti. Ovviamente è altamente personalizzabile con la possibilità di crearsi delle compilations che rispecchiano i propri gusti musicali e tutti possono partecipare aggiungendo musica e condividendola con amici, parenti e conoscienti virtuali in tutto il mondo. Album nuovi vengono aggiunti ogni singolo giorno e si tratta di uno sforzo in puro stile web 2.0, con commenti, vita sociale e persino la possibilità di creare video blog. A differenza di Last.fm, questo sito permette di cercare e trovare facilmente di tutto. Anche se graficamente non è il massimo, Soundpedia ha già raggiunto il milione e mezzo di membri. Il sito, basato a Singapore, è frutto del lavoro di un newyorkese, e si offre come una comunità aperta per far ascoltare musica in streaming; la nascita di Soundpedia sta facendo dimenticare in fretta a tutti gli appassionati non statunitensi della musica online, la scomparsa di Pandora, il sito che utilizzavano milioni di utenti in tutto il mondo e che un paio di mesi fa ha deciso appunto di limitare il proprio servizio ai soli utenti residenti negli Stati Uniti. La regolamentazione del webcasting infatti, cominciata a livello internazionale tra il 2001 e il 2004 in seno all'Ifpi, che riunisce le associazioni di discografici di tutto il mondo, è ancora incompleta, e quello che è in ballo da alcuni mesi (negli Stati Uniti) è il rinnovo delle licenze con annesso aumento delle royalty da pagare ai detentori di copyright, una condizione di difficile soluzione che ha portato anche ad uno sciopero del mondo delle web radio. Altro problema è poi quello della non uniformità delle norme nei diversi paesi del mondo, proprio l'aspetto che sembra aver maggiormente colpito Pandora e che ha portato alla decisione di chiudere fuori dai propri confini.

lunedì, luglio 30, 2007

tempi morti

Notte di fine luglio in attesa di sapere cosa sarà. Periodo di tempi morti... troppi per i miei gusti. Arrivato puntuale come sempre quel senso di svuotamento classico del dopo Arzibanda ci sarebbe ora da reagire e trovare forza e spirito, ma quest'estate è troppo strana... con il suo caldo che toglie le forze, con le vacanze a rischio per colpa della precarietà e soprattutto di un editore che non mi paga gli arretrati, con l'astinenza alcolica forzata a cui sto per andare incontro causa analisi medica per il rinnovo patente dopo l'ormai storica denuncia per guida in stato di ebrezza a 0.55 su un limite di 0.50! E con i problemi personali che comunque ho imparato portarli dentro di me invece che sbatterli on line. Fatto sta che i tempi morti di certo non aiutano e allora l'unica cosa che vorrei ora è una mega vacanza in isolamento da pensieri e paranoie varie. Solo viaggiare e stare lontano da questa camera! In ascolto: Afterhours - Il sangue di Giuda

martedì, luglio 03, 2007

Wikipedia Italia costretta a cedere al diritto d’autore

Acque movimentate in Italia attorno alla nota enciclopedia telematica di Wikipedia. Sta facendo discutere, infatti, la decisione presa da amministratori ed utenti di Wikimedia Commons e della Wikipedia italiana secondo cui andranno eliminate dalle pagine tematiche le immagini di importanti artisti contemporanei e moderni italiani a causa del diritto d’autore. Una decisione che rischia di far arretrare il nostro paese con un pesante danno per i beni culturali italiani, relegati in questo modo in seconda fascia per il poco spazio a disposizione sulla enciclopedia più grande del mondo. La decisione presa dagli amministratori è la logica conseguenza della legge italiana in materia di Copyright, quella legge 633 datata 1941 che non contempla il cosiddetto panorama freedom (libertà di panorama), che permette a chiunque di fotografare e riprodurre quanto pubblicamente visibile senza preoccuparsi di dover trovare il progettista e pagargli i diritti d'autore. Abbiamo sentito in merito Frieda Brioschi, presidentessa di Wikipedia Italia, che suo malgrado si è trovata a dover appoggiare la decisione.

Come siete arrivati alla decisione?

Purtroppo non c’era altra possibilità perché la situazione è abbastanza complicata dal punto di vista legislativo. Già nel gennaio 2007 la Soprintendenza per il Polo Museale fiorentino ci ha diffidato per l’uso "in modo non autorizzato di immagini di opere conservate nei musei statali di Firenze", e questo non è l’unico caso. Ci dobbiamo attenere alle leggi.

La legge italiana però rappresenta un’anomalia rispetto agli altri paesi

Dal punto di vista internazionale c’è un po’ di confusione perché in effetti non esiste una legislazione uniforme e in Italia scontiamo il fatto di avere una legge assolutamente non al passo coi tempi. Basti pensare che noi dobbiamo togliere le foto di un’artista italiano pubblicata sui nostri siti ma se un tedesco che viene in Italia scatta le foto e poi le pubblica su un sito del suo paese può farlo tranquillamente perché nessuno glielo vieta. Poi non c’è di mezzo solo l’Europa, ma chiaramente anche l’America e tutto il mondo in generale, per cui chiaramente ci sono situazioni e contingenze varie che rimangono difficili da spiegare anche a chi partecipa attivamente nelle pubblicazioni.

In questo senso voi avete le mani legate?

Si anche perché è vero che Wikipedia è un sistema che va oltre i confini, ma noi dobbiamo seguire le leggi italiane. Quello che abbiamo sempre cercato di fare noi e uno degli scopi dei nostri progetti è il riuso dei contenuti, è una questione di gestione interna per cui ci siamo sempre attenuti alle leggi in vigore in modo che l’edizione italiana potesse essere utilizzata da italiani.

Quale potrebbe essere la soluzione a questo punto?

Sono convinta che dal punto di vista legislativo non si possa risolvere celermente; anche se c’è qualche tentativo di cambiare la legge, siamo ancora lontani da una soluzione sotto questo punto di vista. Quello che piacerebbe a me, e che spero succeda presto, è che si schierassero in prima linea gli artisti stessi. Una presa di posizione forte, magari con una bella e sana dichiarazione dei proprietari dei diritti per consentire una più facile fruizione da parte di milioni di utenti.

venerdì, giugno 29, 2007

Le web radio americane contro gli aumenti per il Copyright

Che il mondo della radiofonia stia vivendo una nuova età dell’oro è ormai un dato di fatto, lo dimostrano una crescita esponenziale a livello di ascolti e i conseguenti introiti pubblicitari che il “medium caldo”, secondo la definizione di Marshall McLuhan, sta attirando a se. Nonostante l’età e la concorrenza di sistemi di comunicazione più modeni e interattivi la radio continua dunque ad affascinare e a coinvolgere gli ascoltatori. A questa rinascita del mezzo fanno però da contraltare alcuni problemi non di poco conto che hanno portato a due protoste significative per tutto il settore; in Italia in occasione della Festa della Musica le associazioni della musica indipendente hanno indetto una giornata di “boicottaggio” contro i grandi network, poco sensibili verso la musica emegrente e i giovani artisti. Il 26 giugno invece, un’altra giornata di protesta è stata indetta negli Stati Uniti, dove ad “incrociare le braccia” e a spegnere i microfoni sono stati gli operatori delle web radio, settore che proprio in America è emerso più che in ogni altro paese come un fenomeno ormai affermato. Il 26 giugno è stato il “Day of silence” per tutte le radio web americane chetutte insieme hanno un bacino di utenza potenziale che si aggira sui 50 milioni di ascoltatori. In realtà la giornata del silenzio però non sembra aver ottenuto i risultati sperati, almeno a giudicare dalle reazioni degli ascoltatori che non sarebbero state poi così numerose, ma i promotori dell’iniziativa, organizzata da SaveNetRadio Coalition, che annovera tra i suoi membri Yahoo, Viacom e RealNetworks, hanno comunque definito la prima protesta delle web radio un evento, che ha provocato non poche discussioni attorno al tema del dibattito. Lo sciopero è nato infatti per protestare contro un aumento dei diritti d'autore pagati a musicisti e case discografiche, un aumento che secondo gli organizzatori potrebbe tagliare le gambe alla nuova industria in fase di decollo. L’intento dell’iniziativa era quello di sensibilizzare l’opinione pubblica sulla vicenda visto che, secondo l’organizzazione, la proposta di legge conterrà anche una serie di imposte aggiuntive che faranno lievitare i costi delle emittenti online di un miliardo di dollari. Costi proibitivi che non permetterebbero più una sana gestione delle emittenti. Secondo la nuova legge (il Copyright Royalty Board) approvata a marzo, le emittenti web devono pagare diritti d'autore di 0,0008 dollari per ogni canzone nel 2006, ma la tassa salira' a 0.0019 dollari nel 2010 e la prima rata e' attesa il 15 luglio di quest'anno. Secondo le nuove regole dunque le sei principali radio via internet: Pandora, Yahoo, Live365, RealNetworks Inc, AOL e MTV Online, dovranno pagare il 47% delle loro entrate del 2006 (37,5 milioni di dollari) in diritti d'autore. SaveNetRadio sostiene che il provvedimento proposto dalla commissione sui diritti d'autore del governo statunitense ucciderà la fiorente industria se dovesse entrare in vigore il 15 luglio."L'industria verra' decimata da queste nuove tasse" sostiene Jake Ward portavoce del gruppo organizzatore che fa base a Washington e che vorrebbe contributi piu' bassi per i webcaster. I contributi pagati da radio via etere e via satellite non sarebbero - secondo Ward - ingenti quanto quelli ora richiesti alle stazioni che trasmettono attraverso la rete. Dall’altro lato della barricata c’è SoundExchange, l’associazione che rappresenta più di 20mila artisti, 2500 etichette discografiche e 4 importanti compagnie e raccoglie i diritti d'autore da internet, satellite e cavo, che attraverso il suo portavoce Richard Ades ha dichiarato "Vogliono la musica ma non vogliono pagare". Un braccio di ferro che mette dunque in competizione le nuove tendenze del web, il popolo della rete, e in generale l'ipod generation, contro le grandi lobby delle industrie discografiche, che a giudicare dai risultati, per il momento, sembrano essere uscite vincitrici dal primo round.

venerdì, giugno 22, 2007

Cronache da Second Life

Non hanno sosta le notizie che arrivano dal mondo virtuale di Second Life. La crescita di utenti che sta interessando il mondo parallelo creato dalla Linden Lab, infatti, fa ormai gola a tanti settori della società che entrano nel “sistema” avendo così la possibilità di intercettare una interessante fetta di pubblico. Solo nell’ultima settimana su Second life sono infatti sbarcati psicologi, ecologisti, produttori e registi cinematografici per presentare film e ultimo in ordine anche il primo quotidiano italiano: il giornale. Curiosità ha destato la decisione di indire una conferenza stampa di presentazione del film “Transformer”, il kolossal che porterà sullo schermo le vicende delle macchine robot; oggi infatti il regista Michael Bay incontrerà il popolo degli internauti insieme agli attori Shia LaBoeuf e Megan Fox presso il “Sector 7”, così denominato in omaggio alla zona sotterranea, che appare nel film, in uscita il prossimo 28 giugno. Dopo il botta e risposta col cast, che risponderà alle loro domande, il popolo dei navigatori potrà esplorare lo spazio virtuale, accedere a materiali di produzione esclusivi e personalizzare i propri avatar, con gadget e accessori del film. Notizia anch’essa curiosa è quella resa nota dalla rivista APS Observer, organo ufficiale dell’Association for Psychological Science, che ha rivelato come Second Life stia diventando un importante oggetto di studio per psicologi, psichiatri e sociologi. Addirittura il dipartimento di comunicazioni della Stanford University studia SL sin dall’inizio, con la presenza dell’avatar di un suo ricercatore, Nick Yee, arrivato alla conclusione che “Le persone tendono ad adeguarsi agli stereotipi suggeriti dai loro corpi digitali, gli avatar più attraenti tendono a essere più amichevoli e confidenti, gli avatar più alti si mostrano più aggressivi di quelli bassi”. L’interesse degli scienziati non è però piaciuto ai navigatori tradizionali che si sono convinti di essere constantemente “studiati”, così la Linden Lab ha iniziato a chiedere ai ricercatori di rivelarsi e chiedere una sorta di consenso informato agli altri avatar. Intanto sulla falsa riga di quanto già fatto da importanti organi di informazione stranieri come NBC, CBS e Reuters, ieri è stato il giorno dell’arrivo nel mondo parallelo del primo quotidiano italiano. Ilgiornale.it ha aperto infatti la sua sede ufficiale nell’isola di Elegua, una delle zone più frequentate, con l’intenzione di creare un luogo di aggregazione all’interno del quale sono presenti per ora tre mostre; nella prima sarà organizzata una proiezione del materiale multimediale prodotto da ilGiornale.it, nella seconda si ripercorrerà la storia dal 1974 (anno di fondazione de ilGiornale) a oggi, attraverso le prime pagine più significative della testata e l’ultima ospiterà una mostra delle vignette di Forattini. E mentre anche le agenzie di lavoro cominciano ad interessarsi del fenomeno facendo svolgere colloqui virtuali per lavori reali anche gli ambientalisti hanno acquistato la loro isola: si tratta di Ecopolis, creata da Legambiente e La Nuova Ecologia gestita all’insegna di una sostenibilità a tutto campo con una spiaggia selvaggia sul mare, una cascata, case dai tetti verdi alimentate a pannelli solari e un impianto eolico per tutti. E ancora un ecodancing per ballare senza appesantire la propria impronta ecologica, e per muoversi solo biciclette e auto elettriche. Sì, peccato si tratti di realtà virtuale.

Ancora violenza nei videogiochi, “Manhunt 2” vietato in Italia

Tornano in primo piano le polemiche legate alla violenza nei videogiochi. Questa volta a finire sul banco degli imputati è stato il videogame 'Manhunt 2' ('Caccia all'uomo 2') sviluppato dalla società americana Rockstar Games e disponibile per Playstation 2 e Nintendo Wii. Il videogioco è già stato vietato in Gran Bretagna perché giudicato troppo violento, tale da poter causare danni a adulti e bambini e ora anche il ministro delle comunicazioni Gentiloni ha espresso parere negativo alla sua commercializzazione in Italia chiedendo alla Take Two di non distribuirlo nel nostro paese. La decisione di vietare il gioco in Gran Bretagna è stata presa dall’Ufficio di classificazione dei film (Bbfc) che non arrivava ad una tale sanzione da dieci anni, quando a finire tra le scure della censura fu “Carmageddon”. La motivazione che accompagna la decisione di vietare la commercializzazione nel Regno Unito recita: “il seguito di ‘Manhunt’ - già noto per essere molto violento - si concentra in permanenza su inseguimenti e omicidi brutali, incoraggiando a uccidere in maniera efferata.” Il direttore dell'organismo di classificazione dei film, David Cooke, ha inoltre spiegato che non è stato possibile suggerire semplicemente modifiche al gioco poiché vi regna un ambiente "sadico". Ora gli sviluppatori hanno sei settimane di tempo per ricorrere in appello contro la decisione, ma le possibilità di capovolgere il verdetto sembrano molto basse per un gioco che già nella sua prima edizione del 2003 aveva rischiato il divieto totale, trasformato poi in un divieto ai minori di 18 anni.
In Italia l’uscita di “Manhunt 2” era prevista per il 13 luglio, ma proprio ieri il ministro paolo Gentiloni, dopo il divieto in Gran Bretagna e Irlanda e l'appello di Telefono Azzurro alle istituzioni, ha deciso di bloccarlo definendolo, in linea con il giudizio del Bbfc, “un gioco crudele e sadico più che violento, con un’ambientazione squallida ed un continuo, insistente incoraggiamento alla violenza e all’omicidio”. Decisione accolta con favore anche dal Codacons, che attraverso il Presidente Carlo Rienzi ha espresso soddisfazione, ma ha anche esortato a controllare a tappeto il mercato dei videogiochi contraffatti per evitare che quelli vietati finiscano comunque nelle mani dei minori per vie traverse. Anche in Italia, come nel Regno Unito, la prima edizione di Manhunt era stata accettata. Distribuita nel 2003, fu classificata come adatta ai maggiori di 18 anni. "Ma - sottolinea Gentiloni - assolutamente non aveva le stesse allarmanti caratteristiche di questa seconda edizione". Ora il tema della violenza dei videogiochi arriverà all'ordine del giorno della Conferenza dell'Isfe, l'organismo associativo europeo che riunisce i produttori di videogiochi, prevista a Bruxelles il 26 giugno, con la partecipazione di Vivianne Reding, della Commissione europea per l'informazione e le tecnologie. È stato lo stesso ministro Gentiloni, informa una nota del ministero delle Comunicazioni, a chiedere al presidente dell'Isfe di affrontare il tema a livello europeo. Il Presidente dell'Isfe ha accolto la richiesta e il problema di Manhut 2 è stato inserito al primo punto all'ordine del giorno. Intanto non si è fatta attendere la risposta ufficiale della Take 2 che si è detta “amareggiata della decisione”, sostenendo che “‘Manhunt 2’ è un'esperienza videoludica per i fan dei thriller psicologici e dell'orrore. Il soggetto del gioco è in linea con la scelta editoriale dei nostri principali titoli, dedicati a consumatori adulti che sono il target a cui miriamo”. Dopo i casi di Mortal Kombat, di Doom (videogioco spara-tutto che dopo il Massacro della Columbine High School in America nel 1999 venne visto come ispiratore della strage da alcuni parenti delle vittime), di Grand Theft Auto III e di Rule of Rose dunque, nuova materia per la discussione sulla violenza dei videogiochi, una discussione destinata, a questo punto, a durare a lungo e a cui non è facile trovare una soluzione condivisibile dalle diverse parti; resta da capire quale sia la linea di demarcazione tra lecito e illecito, ma anche e soprattutto come tutelare, oltre ai minori, anche quegli utenti che continuano a vedere i videogiochi solo per quello che sono: un ambiente ludico dove poter giocare e divertirsi.

Panzeri: “presto vedremo l’Air Guitar in televisione”

Lele Panzeri, direttore creativo della Lowe Pirella, l’anno scorso è stato tra i promotori del primo Air Guitar Contest italiano tenutosi al Tunnel di Milano, storico locale rock del capoluogo lombardo. Una serata evento in cui gente comune ha avuto la possibilità di sentirsi una star in quello che sta diventando un vero e proprio fenomeno che per lui presto arriverà in televisione.

Panzeri, come vi siene avvicinati al fenomeno Air Guitar?

È un fenomeno che abbiamo visto crescere negli altri paesi. Nel mondo esiste ormai da vent’anni mentra in Italia nessuno ci aveva ancora pensato. Su internet e YouTube però era possibile visionare centinaia di video e allora insieme ad un gruppo di amici abbiamo deciso di provare ad organizzare il primo Contest italiano in maniera un po’ casalinga ma efficace.

Come è andata?

Direi benissimo. È chiaro che quando si fa una cosa per la prima volta si è sempre portati a dire che è stata magica, ma mai come in questo caso è la verità. L’air guitar è un fenomeno spontaneo e lo abbiamo vissuto come tale pasando una serata molto divertente. La serata al Tunnel di Milano ha avuto un gran sucesso tra il pubblico tale che stiamo già pensando ad una nuova edizione per l’autunno prossimo, ma questa volta vogliamo fare qualcosa di più concreto cercando di coinvolgere anche degli sponsor.

Pensa che si possano trovare sponsor interessati?

Assolutamente. Quella dell’air guitar è una realtà che coinvolge molti giovani e è facile che l’onda di questo fenomeno possa essere presto cavalcata anche commercialmente dagli sponsor. Io lo vedo come il corrispondente maschile e rock di “Non è la rai” o quello giovane della “Corrida”. È un fenomeno molto televisivo, e non dubito che presto lo vedremo su qualche rete. Del resto si tratta anche di volersi mostrare e in un periodo come questo in cui in tv si fa la fila per apparire…

Si è chiesto Panzeri cos’è che spinge le persone a salire sul palco per mimare un pezzo rock senza strumenti?

Per me non c’è tanto da chiedersi in realtà. La passione per il rock ha sempre generato il fenomeno del suonare davanti allo specchio per assomigliare a un rocker famoso. Per questo non c’è bisogno nemmeno di fare allenamento, lo si fa e basta. Una cosa è certa: ci vuole veramente una gran bella faccia tosta, perché le assicuro che farlo davanti a mille persone da un impatto molto violento per chi non è un professionista. Non è per niente facile a differenza di quanto sembra.

E volendogli dare una valutazione sociologica?

Se proprio vogliamo darla direi: la rivincita di chi per tutta la vita ha comprato musica e biglietti musicali. Ma direi che la definizione che abbiamo adottato è ancora più esplicativa: il carnevale dello stronzo qualsiasi che diventa star per una sera. L’Air Guitar è una via di mezzo tra l’oratorio e il club mediterranee, la spontanea associazione a delinquere, l’happy hour e la festa in discoteca. È veramente popo nel senso di popolare, un fenomeno molto carino perché le rock star siamo noi per una volta. C’è dentro quasi una vena di rivoluzionaria in tutto ciò.

giovedì, giugno 21, 2007

Musica indipendente, oggi lo sciopero

Appuntamento oggi con la giornata di sciopero contro i grandi network radiofonici colpevoli di non inserire nelle proprie programmazioni la musica indipendente e quella dei giovani gruppi emergenti. Una giornata di protesta in cui Audiocop, l’associazione che riunisce più di cento etichette indipendenti, chiede agli ascoltatori di spegnere le radio che fanno capo alle grandi multinazionali del disco e trasmettono musica seguendo le regole delle Playlist e del Music Control. Ne abbiamo parlato con Enrico Capuano, cantatutore romano da sempre in prima linea nel proporre la musica indipendente e oggi conduttore di “Radio Casbash”, trasmissione in onda da settembre e fino a fine giugno su Teleambiente. Capuano, lei si è sempre impegnato per promuovere la musica indipendente. Da dove nasce questo bisogno? La musica indipendente rappresenta un panorama troppo interessante per essere messo da parte come fanno i grandi network. Io faccio trasmissioni ormai da 25 anni (la prima su Radio Onda Rossa a 13 anni, ndr) e ho sempre cercato, nelle mie esperienze, di dar voce alle realtà più interessanti della musica indipendente e emergente perché è proprio da questo settore che possono arrivare proposte nuove e originali. Meritano più spazio di quello che hanno attualmente e quindi per me è giustissimo creare nuovi spazi per dargli più possibilità. È da questo bisogno che nasce “Radio Casbash”, una trasmissione in cui gli artisti indipendenti hanno spazio e visibilità per la promozione della loro musica e dei loro videoclip. È da qui che nasce anche la voglia di diventare testimonial dello sciopero? Sì, perché abbiamo deciso di lanciare un segnale, un appello. Non è che vogliamo fare una manifestazione contro le radio, ma fargli capire che ci siamo anche noi. Non chiediamo certo di rivoluzionare i palinsesti, ma di dare un po’ più di spazio agli indipendenti perché adesso, se si esclude “Demo”, nessun’altro si occupa del fenomeno. Dovrebbero capire che il nostro settore ha delle grandi potenzialità e che dargli un po’ di visibilità è ormai necessario. Insomma, se Capuano e Piotta riescono a suonare sul palco del primo maggio facendo ballare 500 mila persone vuol dire che la musica indipendente varrà pure qualcosa. Io in fondo posso ritenermi fortunato visto che tra gli indipendenti sono uno di quelli che suona di più in giro per l’Italia e anche per questo sono in prima linea come, diciamo così, “speaker” di tutto il settore. Quindi secondo lei le radio non hanno tutte le colpe? Le radio, purtroppo, fanno parte di un circuito difficile da cambiare, ma non sono le uniche ad avere colpe. Io vedo nella musica italiana quelllo che purtroppo accade in tanti altri settori; una sorta di lobbismo che consente a gruppi con appoggi alle spalle di arrivare al successo anche con cattiva musica e l’impossibilità all’accesso di certi canali per chi non è appoggiato da nessuno. Le idee ci sono e sono anche buone, ma a certi livelli diventa veramente difficili farsi conoscere. Sembrerà strano, ma nel 2007 c’è ancora una forte distinzione di classe anche nella musica che invece è un “diritto” del popolo e come tale dovrebbe essere salvaguardato. Quali sono le soluzioni per Capuano? Io mi rivolgo soprattutto ai più giovani. I gruppi emergenti devono sforzarsi di fare cose interessanti. Produrre qualcosa di originale, con professionalità e approfondendo le proprie passioni. Devono partire da loro stessi per creare interesse. Ma a questo deve far seguito anche l’attenzione del pubblico. Quello che non vedo oggi è l’interesse per le nuove idee come accadeva ad esempio negli anni ’70 quando c’era una grande disponibilità verso i nuovi ascolti. Per le soluzioni da attuare subito invece mi piace l’idea di Sangiorgi, quella di creare un canale satellitare Rai dedicato interamente alla musica indipendente, ma in questo dobbiamo essere tutti più forti e far sentire la nostra voce anche al “tavolo della musica” per far sì che le promesse diventino presto realtà.

venerdì, giugno 15, 2007

Sangiorgi: “Creiamo RaiSat Musica per far crescere la musica italiana”

I primi risultati ottenuti dal “Tavolo della musica” in questi giorni hanno soddisfatto quanti si stanno impegnando per il miglioramento della condizione della musica italiana. Alla soddisfazione espressa ieri, su Off, dal Presidente della Commissione Cultura Pietro Folena, si aggiunge oggi quella di Giordano Sangiorgi, presidente di Audiocoop, il primo a scendere in campo nell’organizzare un soggetto in grado di far riunire allo stesso tavolo Governo e maggiori associazioni musicali italiane. Ora Sangiorgi si dice “estremamente soddisfatto” di quanto il “Tavolo della musica” sia riuscito a fare fino ad ora, e chiede che a questo primo passo faccia seguito un lavoro continuo e duratore per riuscire ad arrivare presto ad una nuova legge per la musica.
Presidente Sangiorgi, il “Tavolo della musica” comincia a far vedere i primi risultati. Soddisfatti? Decisamente sì. Abbiamo sostenuto sin dall’inizio il progetto e ora ne otteniamo finalmente un riconoscimento positivo. Ritengo che questo sia un soggetto da utilizzare ormai anche negli altri rapporti per arrivare presto a soluzioni utili e condivisibili. Per ora abbiamo ottenuto risultati straordinari; per la prima volta un Governo si è impegnato in prima persona a favore della musica. Quello dell’accordo sulla promozione della musica italiana all’estero è già un grande passo, ora aspettiamo anche che vengano attuati gli sgravi fiscali previsti dal ministro Visco. Un primo grande passo. Come si spostano ora gli obiettivi? Per quanto riguarda la promozione all’estero ci eravamo già attivati come Audiocoop per partecipare al PopCom, una delle più grandi fiere musicali che si svolge a Berlino, e a cui ora parteciperà anche il tavolo della musica, mentre al Mei di Faenza di novembre inviteremo tanti operatori stranieri. Sul Tavolo poi ci sono altre proposte che presto verranno analizzate. Ieri Folena ha parlato di una possibilità di inserire la tematica della musica in Rai? Sarebbe una grande possibilità data alla nostra musica. Il progetto che abbiamo messo sul tavolo noi è quello della creazione di un canale tematico. L’idea è quella di creare “RaiSat Musica”, un canale satellitare che preveda anche un grande portale on-line perché non possiamo comunque correre il rischio di rimanere tagliati fuori dal grande mercato digitale e per far sì che il grande patrimonio musicale italiano, storico e moderno, possa avere una grande visibilità. Un portale cliccabile dai siti della Rai di Audiocoop e del Ministero dei beni Culturali per creare un rapporto collaborativo tra pubblico, attraverso l’archivio di Stato, e privato, grazie agli artisti che metterebbero a disposizione la propria opera. A questo tema si è mostrato molto attento anche il ministro Gentiloni e speriamo di riuscire ad arrivare presto alla realizzazione del progetto. La Musica italiana si aprirebbe così alla multimedialità. La musica italiana corre il rischio di perdere visibilità se non si trovano soluzioni che tengano conto delle nuove tecnologie e della loro interconnessione. Abbiamo pensato a questo progetto perché solo con la Tv rischieremmo di essere già vecchi e solo con il web, invece, il rischio è quello di non essere capiti abbastanza e di essere fagocitati dal grande merato. Intanto Audiocoop però è anche impegnata nella giornata di protesta contro i grandi network radiofonici del 21 giugno. Purtroppo i grandi network non hanno mai voluto partecipare al “Tavolo della musica” e continuano ad essere indifferenti alla produzione di musica italiana indipendente. Gli ultimi dati sono ancora più preoccupanti. All’ultimo convegno organizzato da Audiradio non parteciperà nemmeno “Aeranti Corallo”, l’associazione che riunisce delle radio locali e l’ultima chart dei singoli più trasmessi dalle radio parla chiaro; solo sei dischi italiani nei primi 40. I grandi network, purtroppo, continuano ad essere asserviti alle grandi multinazionali e a non collaborare con noi. Appuntamento nella giornata della festa della musica allora. Sì. Coglieremo l’occasione della festa della musica per cercare di sensibilizzare l’opinione pubblica. Tante sono state le adesioni e tante saranno anche le iniziative che abbiamo in programma in tutte le città. A Milano presso la Fnac i set acustici di Vallanzaska, Garretti, Black Eyed Dog. A Faenza il concerto in Piazza Nenni del pianista jazz Franco D’Andrea e il suo New Quartet e a Roma, davanti alla sede della Siae, il concerto di Capuano e Piotta.

giovedì, giugno 14, 2007

Sinead O' Connor canta il Vecchio Testamento

Quella di Sinead O’Connor che strappa la foto di Papa Giovanni Paolo II rimarrà alla storia come una delle immagini mediatiche più forti di sempre. Era il 1992 e quella sera negli studi della Nbc, dove si trasmetteva il “Saturday night live”, più di qualcuno rischiò le coronarie per quel gesto di protesta verso le testimonianze di abusi su minori nelle scuole cattoliche irlandesi e la relativa difesa della Chiesa e del finanziamento del Vaticano per le spese legali dei sospetti. Oggi, dopo 15 anni, la O’Connor torna sulla scena con un nuovo disco che, per i temi trattati, non può non far tornare alla mente la sua performance, anche se la 40enne cantante irlandese ha sempre preferito soprassedere sull’argomento, salvo poi riservare un trattamento particolare all’attuale pontefice, definito recentemente “un Papa per cui non si prova nulla: tiepido, freddo, che non è né carne né pesce, come dicono le Scritture”. L’ultima fatica della O’Connor si chiama “Theology”, un album dai contenuti teologici basato, come spiega lei "Sul Vecchio Testamento, quello meno conosciuto e più affine alla sensibilità di un'artista." Un lavoro nato nell’anima di Sinead, cattolica irlandese, ma sempre pronta a condannare le gerarchie ecclesiastiche e le organizzazioni religiose, che con “Theology” ha dichiarato di voler “semplicemente fare qualcosa di bello, qualcosa di bello che mi ispira" in quella che è la sua risposta personale a quello che è successo e che influenza la vita di tutti in tutto il mondo dall'11 settembre 2001, “un tentativo di creare un posto di pace in tempo di guerra”. Il disco, pubblicato in Italia dalla Radiofandango di Procacci e Senardi, su etichetta That’s Why There’s Chocolate and Vanilla, è un doppio album, ovvero diviso in due dischi. Il primo, “Dublin Session”, prodotto da Steve Cooney, il secondo, “London Session”, da Ron Tom. Il primo cantato in versione acustica, il secondo realizzato con band e orchestra, ma che propongono un programma quasi identico. "Theology", in cui la O’Connor interpreta anche salmi sacri e versi estratti dai libri di Giobbe, Isaia e Geremia, contiene 8 canzoni inedite: "Something beautiful", "Out of the depths", "33", "Dark I am yet lovely", "If you had a vineyard", "The glory of Jah", "Watcher of men" e "Whom so ever dwells". E tre cover: un omaggio all’orgoglio afroamericano con una versione soul di "We people who are darker than blue" di Curtis Mayfield, inno al rispetto di sè; il tradizionale spiritual reggae "Rivers of Babylon" con il testo riscritto da Sinead O'Connor e un'interpretazione feroce di "I don't know how to love him" (tratta da "Jesus Christ Superstar") della coppia di autori Andrew Lloyd Webber e Tim Rice che una volta ascoltata l’interpretazione ha dichiarato: "La voce magnifica di Sinead O'Connor mi ha permesso di trovare nuove prospettive in una canzone che è parte della mia vita dal 1970. Riesce sempre a cogliere la profondità di ciò che canta, che sia un lavoro suo o di altri. Sono contento di essere uno degli altri in questa occasione". Un perfetto biglietto da visita per una donna che attraverso le sue canzoni vuole ora “trasmettere con la musica qualcosa di bello, stimolare chi ascolta alle proprie meditazioni spirituali, ed esprimere gratitudine al Creatore”.

martedì, giugno 12, 2007

Giò di Sera, l’arte al servizio del prossimo

DJ, radio maker, organizzatore d’eventi e showman. Giò di Sera è un’artista a 360 gradi che vede in Leonardo Da Vinci il suo ispiratore e che ha scelto Berlino come sua città d’adozione dopo essere cresciuto tra i vicoli e le alterne vicende di Napoli. Giò “emigra” in Germania da ventenne, quando Napoli e la Campania sono alle prese con il dopo terremoto e i suoi tentativi di emergere e di sopravvivere all’indifferenza risultano vani. Berlino sembra accoglierlo a braccia aperte e, a cavallo della caduta del muro, riesce a trovare nel quartiere di Kreuzberg quel terreno fertile utile a farlo crescere e ad avere il riscontro che cercava. Ora è uno dei più conosciuti rappresentanti della comunità italiana nella capitale tedesca e si sta imponendo anche per il suo impegno sociale che da sempre lo contraddistingue. Lo stesso che lo ha portato a “creare” il Berlingo, divenuto famoso soprattutto attraverso il tuo programma radiofonico Radio Kanaka International, “un remix di varie lingue europee associate a un certo slang urbano inventato da Don Rispetto (il suo alter ego alla radio e in strada. nda). Un’idea che nasce nel micro/macro cosmo di Kreuzberg e cela l'evidente, forte necessità di ‘intercomunicare’ fuori dagli schemi prestabiliti della comunità internazionale e multiculturale berlinese”. La sua è una lunga carriera che lo vede, all’inizio, alle prese con la poesia e con il microfono di alcune band post-punk, ma capisce presto che l’arte che lo appassiona di più è quella della pittura, a cui si dedica passionalmente dopo il suo arrivo a Berlino. Comincia poi a fondere tra di loro le varie forme di espressione artistica presentandole in decine di mostre e diventando un punto di riferimento nella scena berlinese. Ma quello a cui tiene di più quando lo raggiungiamo telefonicamente nel suo ufficio è di raccontare il suo impegno sociale che lo vede cominciare, subito dopo la caduta del muro, progetti socioculturali come "To stay here is my right posse", contro il razzismo e il degrado nelle periferie urbane. Ora dopo più di 15 anni l’impegno suo e dei suoi collaboratori sta per essere convogliato in un nuovo progetto; StreetUnivercityBerlin, una sorta di università popolare che vuole mettere i giovani delle comunità più disagiate nella condizione di poter tirar fuori il meglio di se. Un’Università della strada, che attraverso i linguaggi e le subculture in essa presenti vuole guidare i giovani e aiutarli ad emergere. “L’appartenenza alla strada non è una cosa negativa in senso assoluto – ci dice – è importante che questi giovani sappiano farne buon uso. Quello che cerchiamo di dargli è la capacità di sfruttare le proprie potenzialità per creare una sorta di melting pot nella società e per arrivare così a soluzioni pratiche nel quotidiano”. L’obiettivo è quello di far recuperare ai cosiddetti “loser”, che si autoemarginano, il rispetto di se stessi, dandogli coscienza delle proprie possibilità. “Tutto questo – continua Giò – facendogli capire da subito che siamo indipendenti dal sistema in quello che io chiamo un ‘salutare distacco’ dall’assistenzialismo dello stato e delle istituzioni in genere, perché noi non vogliamo che questi giovani rimangano passivi, quanto piuttosto convincerli a tirare fuori la loro parte migliore, da impegnare in un progetto che vuole essere a lungo termine”. La StreetUnivercity sarà una vera e propria scuola con quattro diverse facoltà di cui due obbligatorie: “Società e informazione politica”, perché l’intenzione è quella di avvicinare le subculture all’elite e viceversa, e “Competenze sociali e orientamento al lavoro” per aiutarli ad affrontare gli scogli del mondo del lavoro. I due corsi facoltativi saranno invece dedicati all’arte e ai media e allo sport, all’insegna del motto “mens sana in corpore sano”. L’inizio quest’estate con un “summer camp” con workshop di giornalismo e un primo centro aggregativo per cominciare a isegnare a come crearsi alternative. Da ottobre poi gli inizi dei corsi veri e propri: “per creare un nuova dimensione di aggregazione e d'identificazione e dare ai cosiddetti emarginati nuove possibilità di lavoro e di proprio sviluppo imprenditoriale e per realizzare – conclude Giò – il sogno della mia vita, che riunisce e concretizza le esperienze accumulate durante la mia carriera di artista multimediale e streetworker volontario”.

lunedì, giugno 11, 2007

L'ascensore multietnico di Piazza Vittorio

Piazza Vittorio è il luogo dove negli ultimi anni la forte concentrazione di immigrati ha portato alla trasformazione di un quartiere storico della capitale. È il centro di un intreccio di razze e etnie che tutte insieme si ritrovano a condividere strade, negozi e palazzi. Ed è proprio all’interno di uno di questi palazzi che hanno luogo le vicende di “Scontro di civiltà per un ascensore a Piazza Vittorio” (edizioni e/o, 2006), che attraverso le indagini sull’omicidio de “il gladiatore”, un losco personaggio simpatizzante dell’estrema destra, conduce il lettore attraverso le emozioni, i pensieri e le sensazioni degli immigrati che condividono proprio il palazzo in cui è avvenuto l’omicidio. Eccoci così di fronte alla donna di servizio peruviana, che ricorda alla portiera che lei non è filippina, perché viene dal Perù e dice con estrema lucidità: “So che lei è di Napoli, ma non l’ho mai offesa chiamandola La Napoletana”. O all’aiuto cuoco iraniano, che si domanda “Ma chi è italiano? Chi è nato in Italia, ha passaporto italiano, carta d’identità, conosce bene la lingua, porta un nome italiano e risiede in Italia?”. E afferma di aver “lavorato nei ristoranti di Roma con molti giovani napoletani, calabresi, sardi, siciliani”, scoprendo “che il nostro livello linguistico è quasi lo stesso”. C’è poi il proprietario del bar che ricorda come “il più grande giocatore di tutti i tempi, Paulo Roberto Falcao” era straniero, così come “Piedone, Cerezo e Voeller”, giocatori che hanno “fatto la gloria della Roma”. A cucire i pezzi e i racconti dei diversi attori, il diario di Amedeo, protagonista del romanzo (vincitore del premio Flaiano) e voce del giovane autore algerino Amara Lakhous, che questo libro lo aveva già pubblicato in patria nel 2003 con il titolo “Come farsi allattare dalla lupa senza che ti morda”. Una voce ironica ma allo stesso tempo amara, che racconta le difficoltà nel capire l’altro e nel dargli la giusta considerazione. Con lo sguardo di chi la condizione di immigrato in Italia l’ha vissuta sulla propria pelle, Lakhous cerca di far ridere, ma soprattutto di far riflettere sull’assenza di dialogo e sugli equivoci che ne derivano e per questo dice di aver voluto scegliere l’ascensore come metafora, “perché è uno spazio limitato, la gente è obbligata a condividerlo con altre persone, è un ascensore che va su e giù, potrebbe anche guastarsi ogni tanto, è un pretesto per raccontare i vari malintesi che ci sono”. Al suo interno c’è chi vorrebbe l’aria condizionata e chi no. Chi il riscaldamento. Chi la foto del Papa. È un disegno preciso per raccontare l’Italia di oggi, alle prese con la nuova realtà multietnica, di cui Piazza Vittorio continua ad essere l’esempio lampante, che ci viene egregiamente raccontata con gli occhi di uno straniero. Una buona opportunità per chi avesse l’intenzione e la fortuna di leggerlo.

martedì, giugno 05, 2007

Second Life stupisce ancora, nel “mondo parallelo” c’è spazio anche per le orge

Si potrebbe anche dire che c’era da aspettarselo: su Second Life ora si fanno le orge. La notizia l’ha rivelata Hunk Sands, “inviato” del quotidiano on line ‘Affari Italiani’ nel mondo virtuale creato dalla Linden Lab, ma per i frequentatori più assidui non rappresenterà certo un vero scoop, almeno a giudicare dal gran numero di utenti che ha incontrato il giornalista nei luoghi in cui è entrato. Si torna a parlare della comunità virtuale più famosa del mondo quindi, e questa volta perché dal racconto pubblicato in rete da Sands emerge un altro aspetto non poco interessante dell’“altro mondo”; quello delle stanze a sfondo sessuale, dove decine di avatar si incontrano in quelle che sono delle vere e proprie sedute orgiastiche con ogni tipo di rapporto sessuale. Non è la prima volta che si parla di sesso su SL naturalmente, ma se in precedenza ci si era limitati a locali di streaptease piuttosto che ad altri di lap dance, ora la nuova frontiera sembra essere diventata quella del sesso di gruppo. Le immagini riprese infatti, sono inequivocabili e illustrano possenti personaggi maschili, guarda caso tutti super dotati, e donne provocanti, in pose e scene degne delle migliori riprese da cinema porno. A giudicare dalle presenze nelle stanze un indubbio successo che mette ancora una volta in risalto i lati oscuri di un mondo “parallelo” dove si può tranquillamente dare sfogo alla propria immaginazione, rimanendo comunque celati dietro ad una maschera, quella che i residenti si cuciono addosso nel momento della registrazione e della creazione del proprio avatar. Le stanze a sfondo orgiastico della “Seconda Vita” non hanno limitazioni all’ingresso e chiunque può recarvisi senza pagare nulla e cominciare da subito ad interagire con gli altri personaggi, cercando la gloria e la soddisfazione in un appagante orgasmo virtuale. Una volta entrati si apre la caccia e, con gli attributi riproduttivi sempre in bella evidenza, si cercherà di riuscire a convincere la (o il) partner prescelto a lasciarsi andare in effusioni reciproche. Ora è lecito chiedersi cosa è che spinge a cercare questo tipo di soddisfazione attraverso un’immagine in 3d e, soprattutto, quanto e come essa venga ritrasmessa sensorialmente nella realtà, ma forse tutto può essere semplicemente riportato all’interno di un ranch di discorsi sul bisogno (questa volta reale) di relazionarsi con gli altri attraverso le diverse forme offerte dai mezzi che si usano; e se è vero che su Second Life stazionano ormai qualcosa come sei milioni di utenti, che continuano a crescere esponenzialmente negli ultimi mesi, non c’è certo da stupirsi così tanto che il fattore sessuale incida molto sulle abitudini dei residenti. Del resto internet rimane comunque un mezzo usato non poco per la ricerca e il download di immagini porno e non pochi sono i personaggi che hanno dichiarato di soffrire di una sorta di porno-dipendenza legata alla rete; se si considera anche che su Second Life esiste il non trascurabile fattore ludico e quello non meno importante dell’anonimato, allora il dado è tratto. Il rischio più preoccupante sembra comunque essere quello di una deriva a cui un mezzo innovativo, e a modo suo rivoluzionario, come Second Life può andare incontro; sempre più utenti infatti, continuano a lamentarsi dell’uso non sempre corretto da parte dei residenti e anche le polizie di alcuni paesi stanno cominciando ad indagare su alcuni comportamenti che potrebbero essere ritenuti penalmente rilevanti. Una deriva che segnerebbe la fine di una piattaforma che a gran voce è stata definita come l’esempio riuscito e concreto della realtà virtuale.

mercoledì, maggio 09, 2007

Le nuove Lolite, sul cubo a 12 anni.

“Se fai la cubista sei una donna. Con i clienti della disco treschi soltanto se ti va. Puoi farti pagare se vuoi. Così ti diverti e ci guadagni! È come se fossi già grande, come se avessi un lavoro”. Chi parla è una principessa molto particolare; una principessa perché così la chiamano i suoi genitori separati, da cui probabilmente vorrebbe più attenzione. Lei, l’appellativo con cui la chiamano in casa se lo porta dietro quando va in discoteca, e poco importa se ha solo 12 anni; quando è sul cubo e sotto di lei i ragazzi la guardano vogliosi, sembra proprio che l’età non conti. Quella di “principessa” è una delle cinque storie raccontate da Marida Lombardo Pijola nel suo "Ho 12 anni, faccio la cubista, mi chiamano principessa. Storie di bulli, lolite e altri bimbi" appena pubblicato da Bompiani; un viaggio e un’indagine che la giornalista del Messaggero ha svolto nel mondo dei ragazzi tra gli 11 e i 14 anni, leggendo i loro blog, frequentando le loro scuole ed entrando anche nelle loro discoteche (spacciandosi per una mamma alla ricerca di sua figlia e minacciando di rivolgersi alle autorità quando gli hanno detto “i grandi non possono entrare”). Quella che ne esce fuori è una realtà per certi aspetti sorprendente quando non scioccante (Una bambina racconta di essere rimasta incinta e di aver abortito a 12 anni), che stupisce soprattutto per la normalità con cui le ragazzine parlano delle loro esperienze da donne vissute. Le stesse ragazzine che di mattina frequentano le medie e che al pomeriggio si trasformano varcando la soglia della discoteca; al posto dei libri l’olio per ungere il corpo, al posto di jeans e golfino, perizoma e, quando proprio non se ne può fare a meno, reggiseno, un piercing e qualche tatuaggio e il gioco è fatto, si sale sul cubo e si mimano i coiti con il palo per la lap dance, tanto è facile imparare a ballare “perché basta che accendi la Tv”. L’indagine della Pijola mette in risalto un mondo che i genitori non sembrano in grado di capire e che i media non hanno ancora captato; entrare nelle stanze dei propri figli è sempre più un tabù, ed è lì, nell’alcova di una cameretta che le ragazzine iniziano le loro esperienze nel “mondo dei grandi”, magari solo raccontando le proprie storie su un blog, ma magari anche vendendo i propri spogliarelli davanti alle web cam per pochi euro. I loro modelli sono quelli della società dello spettacolo, dove l’immagine viene prima di ogni cosa, e sono incarnati da Britney Spears e Paris Hilton. Va da sé allora, che per sentirsi come loro non basta solo essere riprese dai cellulari dei ragazzi, ma c’è bisogno di cose più “trasgressive”, come i rapporti sessuali a pagamento con ragazzi rigorosamente più grandi e magari sotto l’effetto di qualche sostanza stupefacente. È una nuova generazione quella inquadrata dalla Pijola, una generazione nata da un paio di anni a questa parte, che sta crescendo troppo in fretta e con il rischio concreto di rimanere presto bruciata sulla strada che porta al ‘sogno’ della notorietà.

giovedì, maggio 03, 2007

Quei volumi in cerca di un tetto

L’intento è dei più nobili: dare finalmente visibilità a quei libri nascosti nei cassetti della gente comune. Diari, storie di vita o immaginarie, saggi e quant’altro, che non hanno avuto modo di vivere il percorso che porta alla pubblicazione, ma che, per chi li ha scritti, significano già la realizzazione di un sogno, di un progetto che fa vivere le proprie sensazioni e le proprie emozioni su un foglio bianco, prima immacolato e poi portatore dei propri pensieri. A farli arrivare su uno scaffale romano ci penserà, per il secondo anno consecutivo, l’agenzia di servizi editoriali ''Il Menabò'' che in collaborazione con la libreria ''Liber.MenTe'', e quest’anno anche con il patrocinio dell’Assessorato alle Politiche Culturali, dal 18 al 20 maggio ha organizzato la nuova edizione di “La casa dei libri”, una mostra che vuole dare ospitalità proprio a quei testi scritti non da autori famosi ma da gente comune. L'iniziativa prende ispirazione dal romanzo ''La casa dei libri'' di Richard Brautigan e l’intento è quello di accogliere la passione per la scrittura di donne, bambini e uomini che intendono aprire i loro cassetti reali e della memoria per condividere le loro opere, confrontando i canovacci e i vari stili narrativi e leggendo brani tratti dalle proprie creature cartacee. Una tre giorni dedicata alla passione per la scrittura quindi, dove bambini e anziani possano ritrovarsi vicini di banco per confrontarsi, leggere, ascoltare storie e perché no, anche per cercare di capire qualcosa sui meccanismi del mondo dell’editoria anche se, come ha tenuto a ricordarci Rosanna Romano, l’anima e la voce di questa iniziativa, l’idea di fondo di “Libri senza casa” non è quella di far trovare per forza di cose un editore che pubblichi i manoscritti proposti. “Piuttosto – sottolinea la Romano – il nostro intento è quello di accogliere quelle persone che vogliono ritrovarsi insieme anche solo per il piacere della scrittura, in un momento di confronto fra diverse esperienze e conoscenze. Per questo ogni sera, alla fine degli incontri, ogni autore sarà chiamato a leggere un estratto dai propri testi”. L’avvicinamento al mondo editoriale rimane quindi in secondo piano rispetto a simili iniziative che si sono susseguite negli ultimi tempi anche in altre città italiane, e questo perché, ci spiega ancora la Rossano, “noi vogliamo prima che i nostri autori capiscano che i meccanismi per arrivare alla pubblicazione sono irti di difficoltà e non sempre si ha a che fare con gente onesta. La prima cosa che ‘insegnamo’, infatti, è di imparare a diffidare dei tanti editori a pagamento presenti nel mercato. Quelli disposti a pubblicare anche opere che abbassano il livello della letteratura solo per una mera questione economica”. L’edizione di quest’anno, dopo il buon riscontro di interesse da parte di esperti e media riscontrato l’anno scorso, prevede la prima giornata dedicata interamente alla scrittura con la partecipazione di Annio Stati dell’Università La Sapienza; alla seconda parteciperanno scrittori già affermati e alla terza i partecipanti avranno modo di incontrare gli editori, tra i quali hanno già confermato la loro presenza “Giulio Perrone editore” di Roma e “Scrittura e scritture” di Napoli. Ma la novità più interessante rispetto alla passata edizione è quella che permetterà alle opere presenti alla mostra di rimanere a disposizione in libreria per tutto l’anno. I testi saranno esposti sugli scaffali della libreria Liber.MenTe in via del Pellegrino, 94 e potranno essere letti direttamente in libreria o presi in prestito in quella che diventerà una vera e propria biblioteca permanente di opere inedite. Per spedire i manoscritti invece c’è tempo fino al 15 maggio, tutte le informazioni per partecipare sono a disposizione sul sito www.ilmenabo.it.

mercoledì, maggio 02, 2007

La Chiesa se la prende con il nuovo "Pasquino"

Al concertone del primo maggio non sono mai mancate le polemiche e non poteva esimersi da questa tradizione l’edizione 2007 che ora corre il rischio di essere ricordata, più che per la qualità della proposta musicale della kermesse (in realtà meno soddisfacente degli altri anni) o per l’esordio alla conduzione di Claudia Gerini (da segnalare i sonori fischi dei 700mila quando ha rivolto un appello contro la pirateria), come per l’edizione contrassegnata dalle polemiche intorno alla Chiesa; la stessa che all’epoca di Wojtyla aveva accolto orde di giovani allo stesso concerto, organizzato per il giubileo in quel di Tor Vergata. Tutto ha inizio quando Andrea Rivera, il “citofonista” di “Parla con me”, sale sul palco nel pomeriggio per presentare la prima parte del concerto. In uno dei suoi interventi satirici, tra un omaggio ai morti sul lavoro e uno ai disoccupati, Rivera, che per i suoi spettacoli in strada si era conquistato il “titolo” di Pasquino di Trastevere, ha dichiarato di non sopportare il fatto che “il Vaticano abbia rifiutato i funerali di Welby. Invece non è stato così per Pinochet, a Franco e per uno della banda della Magliana. È giusto così. Assieme a Gesù Cristo non c'erano due malati di Sla, ma c'erano due ladroni”, il tutto condito da una premessa un po’ più piccante: “Il Papa ha detto che non crede nell'evoluzionismo. Sono d'accordo, infatti la Chiesa non si è mai evoluta”. Le prime voci di “sdegno” sono arrivate, di lì a poco, proprio dai padroni di casa; i segretari di Cgil, Cisl e Uil si sono subito dimostrati fortemente critici verso Rivera e Angeletti della Uil ha parlato di “dichiarazioni molto stupide che non condivido”. Ma la vicenda, a quel punto, era ancora alla fase embrionale perché, a rincarare la dose, ci ha pensato qualche ora dopo l’Osservatore Romano, che mai come in questo periodo si sta dimostrando pronto a monitorare e a stigmatizzare tutti i messaggi di dissenso. Toni forti quelli usati dal giornale d’oltretevere, che ha definito le parole di Rivera “Vili attacchi al Papa” e si è poi spinto ancora più in là assimilando la performance del conduttore al terrorismo. "E' terrorismo - spiega il giornale vaticano - lanciare attacchi alla Chiesa. E' terrorismo alimentare furori ciechi e irrazionali contro chi parla sempre in nome dell'amore, l'amore per la vita e l'amore per l'uomo. E' vile e terroristico lanciare sassi questa volta addirittura contro il Papa, sentendosi coperti dalle grida di approvazione di una folla facilmente eccitabile". L’Osservatore ribadisce poi la pericolosità delle frasi in un contesto che vede quotidianamente “attacchi e minacce, pesanti, rivolte al presidente della Cei in un'offensiva che cerca di trovare terreno fertile nell'odio anticlericale". La bomba arriva all’improvviso sulle scrivanie delle segreterie ed è tutto un fiorire di condanne contro Rivera, fino alla richiesta delle pubbliche scuse alla Chiesa e ai sindacati stessi fattagli da Bonanni, leader della Cisl, il cui vecchio segretario, Savino Pezzotta, è ora portavoce del family day. A fare da contraltare alla posizione del Vaticano è arrivata la dichiarazione di Sandro Curzi, consigliere di amministrazione Rai. “Mentre le pagine dei giornali sono piene delle minacce terroristiche al presidente della Cei e delle polemiche sul family day – scrive Curzi – è francamente irresponsabile buttare benzina sul fuoco per meschine strumentalizzazioni politiche. A prendere le distanze e a chiarire tempestivamente l’episodio sono intervenuti tutt’e tre i segretari confederali e il direttore di Rete Tre. Che si voleva di più? Che bruciassimo in piazza Rivera? Che si dimettesse il governo? Che Marx chiedesse scusa per essere venuto al mondo? Dispiace – conclude l’ex direttore di Rai Tre – che anche l’Osservatore Romano, che nella sua storia ci aveva abituati a ben altri e alti toni, si sia lasciato coinvolgere da un clima che tutti gli uomini di buona volontà dovrebbero cercare di svelenire piuttosto che caricare di rancorosa propaganda. Scrivere quello che ha scritto l’Osservatore, significa in tutta evidenza rischiare di fare esattamente ciò di cui si accusa l’avversario, anzi il ‘nemico’”. Il giovane conduttore, intanto, stupito e dispiaciuto dal polverone, ha voluto ribadire attraverso il suo sito che la sua è una satira che “vuole invitare a riflettere e non certo a creare un clima di odio e istigazione inutile e pericolosa”, peccato che il suo messaggio abbia avuto tutto un altro effetto.

mercoledì, aprile 25, 2007

“Predatori notturni”, rivive la strage di Ustica

Sono passati quasi trent’anni, ma i misteri e i lati oscuri che circondano le vicende della strage di Ustica sono ancora presenti nella mente degli italiani. Era il 27 giugno 1980 quando il DC-9 del volo dell’Itavia da Bologna a Palermo precipitò in mare causando la morte di 81 persone. Una vicenda oscura e segnata da intrighi internazionali, che al pari di altri tristi avvenimenti hanno segnato la storia del nostro paese nei decenni più tribolati della democrazia italiana. Oggi queste vicende tornano a vivere nel thriller del momento, scritto dal produttore Usa Joseph Farrel, che in “Predatori notturni” intreccia realtà e finzione per raccontare anche il dopo strage e, con una scrittura quasi cinematografica, dà nuova linfa ad un dibattito che si prolunga da decenni e a cui nemmeno i giudici dei tribunali che si sono occupati del caso hanno saputo dare una soluzione definitiva. Lo scrittore, autore soprattutto di molte sceneggiature tra cui “War games: giochi di guerra” e produttore di numerosi film, oltre che personaggio influente di Hollywood, dove le sue consulenze sono preziose per le più note major, incentra la storia sulla figura dell’armatore anconetano Aldo Davanzali, proprietario del DC9 morto nel 2005 a 83 anni, che nella realtà si è battuto con tutte le sue forze contro l’accusa di cedimento strutturale; quell’accusa che comportò lo sgretolamento del suo impero economico (ancora oggi in sede civile pende una sua richiesta di risarcimento dallo Stato per 850 milioni di euro) nel tentativo di far emergere la verità: attentato o abbattimento fortuito durante esercitazioni militari che sia. In “Predatori notturni” invece, il proprietario della compagnia aerea si toglie la vita poco dopo l’incidente, e sarà la figlia, testimone del gesto del padre, a voler compiere tutte le indagini affinché si riesca a dimostrare che nessun guasto meccanico avrebbe mai potuto causare l’esplosione dell’aereo. Sembra che anche il libro comunque, stia portando con se strascichi polemici, ad ennesima dimostrazione di come attorno alla vicenda di Ustica aleggi un alone di mistero invalicabile; Farrel infatti, partecipando alla serata romana di presentazione del libro, ha dichiarato di essersi cominciato ad interessare al caso dopo aver avuto diversi contatti proprio con Davanzali, conosciuto grazie a sua moglie, l’attrice italiana Jo Campa. Di questi contatti non ci sarebbe però traccia tanto che le figlie e uniche eredi di Davanzali, Luisa e Tiziana, e l'avv. Mario Scaloni, legale di famiglia, hanno diffuso una nota congiunta per prendere le distanze dall'operazione editoriale. Le figlie di Davanzali, dice la nota, «non sono state per nulla interpellate in merito al romanzo, né hanno concesso alcuna autorizzazione alla pubblicazione del libro, avendone sorprendentemente appresa notizia solo dalla stampa. Neanche l'avv. Davanzali, quando era ancora in vita, ha mai accennato loro di contatti con l'autore del romanzo». L’autore ha tenuto comunque a precisare che gli avvenimenti raccontati sono frutto della sua fantasia anche se poi sono tutti i dettagli originali a dare il via allo sviluppo di un intrigo che già nella realtà ha abbondantemente dimostrato di essere adattabile al genere fanta-thriller. La protagonista è Teresa, figlia del proprietario della compagnia aerea Aero-Italia di cui faceva parte nel romanzo l’aereo abbattuto. Dopo averlo visto suicidarsi la giovane decide che diventata adulta avrebbe riabilitato ad ogni costo la memoria del padre. Comincia così le sue indagini facendosi aiutare da Robert Evans, giornalista del Washington Post, l’unica persona che aveva mostrato dubbi sulla sentenza, e i due correranno più volte il rischio di perdere la vita a causa di attentati contro di loro fino ad arrivare all’immancabile finale a sorpresa, quello che ancora oggi manca, purtroppo, nella realtà.

mercoledì, aprile 18, 2007

Lavorare diverntedosi? Con i videogame si può

E’ arrivato lunedì in libreria e si prefigge di essere il punto di riferimento per gli appassionati del settore videoludico che vogliono capire cosa ci celi dietro la grande industria del divertimento interattivo. Parliamo di « Pagati per giocare – come far carriera nel mondo dei videogiochi e continuare a divertirsi», libro edito da Multiplayer.it che racconta il mercato lavorativo esistente nel comparto dei videogiochi. Un mercato che cresce di anno in anno, che ha ormai superato anche quello del cinema, e che al suo interno contiene decine di figure professionali, tutte indispensabili alla buona riuscita del prodotto : dal game designer al programmatore, dal tecnico audio al giornalista videoludico…allo sviluppatore…al manager fino anche a chi i videogiochi li deve provare, dei veri e propri game tester umani chiamati a verificare l’effettiva giocabilità della piattaforma in uscita e i problemi che si potrebbero verificare una volta in mano agli utenti! “Pagati per giocare”, scritto a sei mani da David S.J. Hodgson, Bryan Stratton, Alice Rush, è una guida, ma anche un manuale per chi volesse provare ad entrare nell’industria, ormai una delle più competitive al mondo, di un mondo professionale ancora non troppo conosciuto e forse poco considerato. Il tutto con numerose interviste a professionisti di spicco nel settore che svelano i segreti per emergere e cosa si deve aspettare chi entra nel campo dei videogiochi; 264 pagine in cui oltre 250 anni complessivi di esperienza nel settore vengono raccontati in modo esaustivo, completo e dettagliato. Per capire meglio il mondo dei videogiochi visti dal di dentro, gli autori si sono soffermati sulle diverse caratteristiche dell’impresa: da che “genere di lavoro si può svolgere” a “cosa accade realmente negli studi di sviluppo di un videogioco”, da “il buono, il brutto e il cattivo di ogni professione nel mondo dei videogiochi” a “come assicurarsi il primo impiego nel proprio particolare ambito di interesse” per “trasformare la propria passione di una vita nel lavoro della vita”. Un libro, come recita il comunicato stampa, che vuole essere un ottimo aiuto per tutti coloro che “Stanno cercando materie da studiare a scuola o all'università. Si stanno chiedendo quale potrebbe essere la più divertente area professionale. Sono interessati a quel che accade veramente dietro le quinte dell'industria dei videogiochi. Stanno lavorando, ma le fatiche terrene li hanno spossati e cercano qualcosa di nuovo. Sono genitori e vogliono capire cosa c’è dietro la passione del figlio. Gli autori di “Pagati per giocare” sono due scrittori di videogiochi e una consulente del lavoro che hanno una vasta esperienza del settore e che hanno vissuto anni e anni dietro alle ultime novità del settore videoludico seguendo i lanci di una dozzina di console, la nascità di marchi multimilionari e la morte di altri; recensendo qualcosa come un migliaio di titoli e intervistando le “leggende” che hanno fatto la storia dei videogiochi: dal fondatore di Valve Software, Gabe Newell, fino a Toru Iwatani, l’inventore di “Pac-Man”. Ora si sono messi insieme e le loro esperienze sono diventate il manuale per chi è affascinato dai videogiochi e non vorrebbe far altro che lavorare divertendosi, quale migliore occasione?

martedì, aprile 10, 2007

I falsi miti della medicina

C’è chi al primo piccolo sintomo di un qualsiasi tipo di dolore sente la necessità di ingurgitare una pillola o uno sciroppo o, meglio di no ma in alcuni casi ci vuole, una supposta, convinto che qualsiasi malessere, sia esso mentale o fisico, possa essere curato solo attraverso i medicinali e c’è anche chi alla medicina tradizionale cerca alternative di diverso genere, come le terapie a base di erbe, l’agopuntura o altro. Tutti comunque alla ricerca di un sollievo al dolore attraverso terapie più o meno consone. Ma c’è anche chi oggi, dall’alto della propria esperienza di studioso di biologia e biochimica, e con alle spalle una carriera da giornalista in riviste scientifiche come “Stern” o “Die Zeit” ha iniziato una campagna di controinformazione verso l’attuale sistema di cure terapeutiche. Parliamo di Jorg Blech, oggi giornalista di “Der Spiegel” che ha da poco dato alle stampe, per i tipi di Lindau, “La medicina che non guarisce – Come difendersi da terapie inutili e nocive”, un libro che arriva dopo il suo best seller “Gli inventori delle malattie” e che ne rappresenta il seguito naturale. L’attacco di Blech è una tesi ragionata e approfondita su quanto in realtà molte delle attuali risorse terapeutiche si rivelino del tutto inefficaci, se non dannose, e paiono il risultato di errori, false conclusioni e interessi economici. La controprova? Per Blech è tanto facile quanto scontata: basti pensare che “quando i medici diventano pazienti, essi si sottopongono alle cure che consigliano ai loro assistiti solo raramente, perchè sanno benissimo quali tra esse siano davvero necessarie o utili”. Non tutta la medicina è da mettere al bando naturalmente, su questo l’autore è ben consapevole, e l’attacco, scritto con ritmo incalzante e piglio giornalistico, è mirato verso quei miti diffusi nella scienza di Ippocrate, che spesse volte nascondono solo i grandi interessi delle case farmaceutiche, di cliniche e specialisti. Quello che dovrebbero fare i pazienti per non cadere nelle mani delle terapie inutili e nocive è, per Blech, molto facile; la causa di tutto ciò è “la comoda disinformazione dei pazienti” e in questa situazione “sapere rappresenta un presupposto fondamentale per determinare un salto di qualità nella medicina moderna”. È l’ultimo capitolo del libro, quello in cui vengono stilate le sette semplici regole per destreggiarsi fra le terapie inutili e le domande-chiave da rivolgere al medico qualora questi gli suggerisse un intervento. É solo così, diventando dei “consumatori” ben informati anche nell’ambito della sanità, che si può evitare il rischio di imbattersi in prassi mediche normalmente accettate, ma che nascondono rischi e pericoli in grado di danneggiargi. Una tesi riconosciuta anche da “Ciò che i dottori non dicono” di Macro edizioni, che mette in primo piano anch’esso i rischi e si ripromette di svelare la verità sui pericoli della medicina moderna, o da “Come impedire al vostro medico di nuocervi” in cui l’autore, Vernon Coleman, basandosi su dati scientifici acquisiti nelle sue ricerche sferra un duro attacco alla figura del medico, considerata come quella in grado di fare più male ad una persona. Ma forse il problema non è solo legato alla classe medica e ci sarebbe da riflettere, come hanno fatto quelli di Nuovi Mondi Media con “Farmaci che ammalano”, sulla frase pronunciata tre decenni fa da Henry Gadsen, direttore generale di una delle principali case farmaceutiche al mondo, la Merck Il suo sogno? Quello di riuscire a creare farmaci per le persone sane, così da poter vendere proprio a tutti. Oggi questo sogno sembra essere diventato realtà e rappresenta il punto di forza di un mercato che risulta essere tra i più redditizzi al mondo.

lunedì, aprile 09, 2007

Retrogaming, ritorno al fututo

Se da un lato le tecnologie applicate all’arte videoludica stanno consentendo ai nuovi videogames di essere paragonabili, graficamente, a veri e propri film di animazione in 3d, dall’altro c’è chi ha rinunciato già da un pò a stare al passo coi tempi e preferisce molto di più dedicarsi a quei giochi che hanno fatto la storia dei videogames. Tecnicamente si definisce “retrogaming”, un neologismo che indica proprio quel movimento di persone che si dedicano ai videogiochi di vecchia data. Un fenomeno che vede i protagonisti confrontarsi con i vecchi titoli attraverso i remake o grazie a degli emulatori. Ma la passione per l’“usato” non si limita ai soli software; esiste infatti anche un piccolo mercato di compravendita di vecchie consolle per videogiochi come “Atari2600” o il validissimo “Commodore 64”. Oggi che la Sony sta spingendo sul mercato la terza Playstation inoltre, la prima nata della serie è divenuta anch’essa oggetto di culto. Quella che può essere considerata la data di nascita del fenomeno retrogaming è il 5 febbraio del 1997, giorno in cui l’italiano Nicola Salmoria rilasciò la prima versione di MAME, l’emulatore capace di riunire tutti quelli già disponibili in rete in un unico programma in grado di eseguire più giochi, dai sei della prima versione agli oltre 3000 supportati nell’ultima rilasciata a febbraio 2007. MAME è composto da varie parti in grado di emulare completamente le architetture tipiche delle macchine arcade che si trovavano nei bar e nelle sale giochi; il suo spirito non è comunque quello di evitare ai giocatori di pagare per giocare, ma solo quello di preservare questi giochi e di documentarne l'hardware. Storicamente il poter giocare col MAME è infatti considerato dai suoi creatori un "nice side effect" (piacevole effetto collaterale). Resta comunque da capire cosa spinga un pubblico giovane e meno giovane a confrontarsi con titoli che, sia graficamente che tecnicamente, non rappresentano il massimo del divertimento; ma la passione sembra coinvolgere intanto una gran fetta di pubblico, e questo anche naturalmente grazie alla rete che offre non poche opportunità di approfondimento del genere. Non è infatti difficile trovare siti specializzati che raccolgono forum di discussione e, soprattutto, tante recensioni di titoli scomparsi dalla memoria collettiva, ma ancora presenti in quella dei retrogamers; è così che affianco alla descrizione dell’ultimo sparatutto per Playstation o X-box, è possibile leggere di "Summer 1975. A Nightmare awaits me", il primo gioco ad apparire su Neo Geo nel “lontano” 1990, piuttosto che di “Sonic”, il titolo che nell’estate del 1991 riuscì a risollevare le sorti del Mega Drive, alle prese con la forte concorrenza della Nintendo. È il caso di gameplayer.it che al retrogaming dedica una sezione al pari di quelle sui nuovi titoli o di underground-gamer.com, che oltre ad offrire una gamma vasta di giochi per quasi tutte le vecchie piattaforme Amstrad, Commodore etc. contiene una sezione dedicata alle vecchie riviste sui videogiochi in formato Pdf. Il sito per eccellenza sul fenomeno resta comunque retrogaming.it, che anche se aggiornato un po’ troppo lentamente presenta, oltre alle classiche recensioni, un forum, notizie, curiosità e interviste con tecnici del settore. Ad accorgersi del fenomeno però non sono stati solo i vecchi nostalgici di giochi come Double Dragon o Tetris e sembra che anche le aziende si siano adattate velocemente; la coreana GamePark Holding ad esempio, per ritagliarsi uno spazio nel mercato delle consolle portatili, dominato da Nintendo e Sony, ha puntato, per la sua Gp2x, proprio sul retrogaming offrendo ai propri giocatori un’importante mole di titoli relativi a capolavori videoludici del passato, anche recente. È forse la consacrazione di un movimento che, non rifiutando il presente dell’arte videoludica, sta tornando agli albori del settore, quando per divertirsi bastavano ancora pochi pixel.

sabato, aprile 07, 2007

Malatempora, la forza di andare controcorrente

A definire la Malatempora solo come una casa editrice si può correre il rischio di essere riduttivi. Certo, materialmente è un’impresa che produce libri, ma tale impresa è vissuta con uno spirito e, soprattutto, con una circolarità di idee che rimangono molto lontano da quello che è oggi il mondo dell’editoria italiana. “Alla Malatempora non si vendono libri, ma si pubblicano idee”; è quello che mi sentii dire in uno dei miei primi giorni a fianco di Angelo Quattrocchi, l’anima di una realtà editoriale che, nonostante le difficoltà e i paletti imposti da quello strano marchingegno che risponde al nome di “distribuzione”, può vantare all’attivo più di cento titoli in catalogo e una prospettiva per il 2007 di 25 nuove uscite. Potrebbero sembrare numeri risicati, ma solo per chi non conosce a fondo un mercato che sta tendando in tutti i modi di tagliare fuori dalle librerie i piccoli editori per lasciare così spazio sugli scaffali alla produzione dei grandi gruppi. A questo si aggiunga anche il fatto che la Malatempora non le ha mai mandate a dire e che i suoi titoli hanno spesso subito, e subiscono ancora, una quasi totale censura da parte dei media, preoccupati di doversi trovare ad analizzare temi “scottanti” che il più delle volte preferiscono nascondere, e il quadro è completo. A queste problematiche i tipi di Malatempora stanno reagendo con il rafforzamento della politica delle vendite on-line (è possibile acquistare i loro libri dal sito www.malatempora.com con sconto del 20% e spedizione gratuita). Il collettivo alla base della casa editrice non si arrende e continua a pubblicare titoli che qualsiasi altro editore avrebbe paura solo a leggerli; come “Uranio impoverito” del 2006, il libro intervista all’ammiraglio Falco Accame, che da sempre denuncia i danni dell’agghiacciante arma sui civili e sui nostri militari, o come la terribile storia di Francesca B., nome in incognito dell’autrice di “Plagio”, uno degli ultimi usciti, la vera storia di un plagio mentale perpetrato ai danni di un uomo che ha sconvolto la sua vita e quella della sua famiglia. E per il futuro un titolo che vuole smuovere ancor di più le coscenze, un libro che uscirà in concomitanza con il family day: “no no no Ratzy non è gay”, che in quarta di copertina recita: “Nei palazzi romani lo sussurrano, e nei ristoranti, nelle discoteche, nei bar, tra un Campari e un tramezzino lo raccontano. Sarà vero? No, non è possibile! Eppure, quei cappellini così carini, quelle scarpette rosse di Prada… e quel segretario così bello, alto, biondo e tanto ariano… No, non può essere vero. In fondo ce l’ha tanto con quelli lì! No, no, no, il Papa non è gay!”, e non credo ci sia da aggiungere altro… Per quanto riguarda il presente invece, è disponibile da qualche settimana “Ultimi fuochi”. Un libro che il sottoscritto ha visto passare sotto le proprie mani più di una volta nella sua, per così dire, “fase embrionale”. Una fase embrionale che in realtà dura da tren’anni perché l’ultimo nato in casa Malatempora è un testo scritto dallo stesso Quattrocchi negli anni ’70 e che è rispuntato fuori oggi, rieditato e pubblicato nel trentennale del ’77. “Ultimi fuochi” arriva da lì, da quegli anni che oggi più che mai stanno tornando sulle pagine dei giornali. Un libro per descrivere, con lo stratagemma del thriller fanta politico, il finale della ribellione che fini nella tragedia dell’ammazzamento di Moro. Un libro da leggere proprio perché non è un libro sugli anni ’70, ma un libro degli anni ’70, scritto allora da uno dei protagonisti storici del movimento, di quelli che non scelsero la strada della violenza, bensì quella della creatività.