sabato, aprile 07, 2007

Malatempora, la forza di andare controcorrente

A definire la Malatempora solo come una casa editrice si può correre il rischio di essere riduttivi. Certo, materialmente è un’impresa che produce libri, ma tale impresa è vissuta con uno spirito e, soprattutto, con una circolarità di idee che rimangono molto lontano da quello che è oggi il mondo dell’editoria italiana. “Alla Malatempora non si vendono libri, ma si pubblicano idee”; è quello che mi sentii dire in uno dei miei primi giorni a fianco di Angelo Quattrocchi, l’anima di una realtà editoriale che, nonostante le difficoltà e i paletti imposti da quello strano marchingegno che risponde al nome di “distribuzione”, può vantare all’attivo più di cento titoli in catalogo e una prospettiva per il 2007 di 25 nuove uscite. Potrebbero sembrare numeri risicati, ma solo per chi non conosce a fondo un mercato che sta tendando in tutti i modi di tagliare fuori dalle librerie i piccoli editori per lasciare così spazio sugli scaffali alla produzione dei grandi gruppi. A questo si aggiunga anche il fatto che la Malatempora non le ha mai mandate a dire e che i suoi titoli hanno spesso subito, e subiscono ancora, una quasi totale censura da parte dei media, preoccupati di doversi trovare ad analizzare temi “scottanti” che il più delle volte preferiscono nascondere, e il quadro è completo. A queste problematiche i tipi di Malatempora stanno reagendo con il rafforzamento della politica delle vendite on-line (è possibile acquistare i loro libri dal sito www.malatempora.com con sconto del 20% e spedizione gratuita). Il collettivo alla base della casa editrice non si arrende e continua a pubblicare titoli che qualsiasi altro editore avrebbe paura solo a leggerli; come “Uranio impoverito” del 2006, il libro intervista all’ammiraglio Falco Accame, che da sempre denuncia i danni dell’agghiacciante arma sui civili e sui nostri militari, o come la terribile storia di Francesca B., nome in incognito dell’autrice di “Plagio”, uno degli ultimi usciti, la vera storia di un plagio mentale perpetrato ai danni di un uomo che ha sconvolto la sua vita e quella della sua famiglia. E per il futuro un titolo che vuole smuovere ancor di più le coscenze, un libro che uscirà in concomitanza con il family day: “no no no Ratzy non è gay”, che in quarta di copertina recita: “Nei palazzi romani lo sussurrano, e nei ristoranti, nelle discoteche, nei bar, tra un Campari e un tramezzino lo raccontano. Sarà vero? No, non è possibile! Eppure, quei cappellini così carini, quelle scarpette rosse di Prada… e quel segretario così bello, alto, biondo e tanto ariano… No, non può essere vero. In fondo ce l’ha tanto con quelli lì! No, no, no, il Papa non è gay!”, e non credo ci sia da aggiungere altro… Per quanto riguarda il presente invece, è disponibile da qualche settimana “Ultimi fuochi”. Un libro che il sottoscritto ha visto passare sotto le proprie mani più di una volta nella sua, per così dire, “fase embrionale”. Una fase embrionale che in realtà dura da tren’anni perché l’ultimo nato in casa Malatempora è un testo scritto dallo stesso Quattrocchi negli anni ’70 e che è rispuntato fuori oggi, rieditato e pubblicato nel trentennale del ’77. “Ultimi fuochi” arriva da lì, da quegli anni che oggi più che mai stanno tornando sulle pagine dei giornali. Un libro per descrivere, con lo stratagemma del thriller fanta politico, il finale della ribellione che fini nella tragedia dell’ammazzamento di Moro. Un libro da leggere proprio perché non è un libro sugli anni ’70, ma un libro degli anni ’70, scritto allora da uno dei protagonisti storici del movimento, di quelli che non scelsero la strada della violenza, bensì quella della creatività.

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