venerdì, giugno 29, 2007
Le web radio americane contro gli aumenti per il Copyright
venerdì, giugno 22, 2007
Cronache da Second Life
Ancora violenza nei videogiochi, “Manhunt 2” vietato in Italia
Tornano in primo piano le polemiche legate alla violenza nei videogiochi. Questa volta a finire sul banco degli imputati è stato il videogame 'Manhunt 2' ('Caccia all'uomo 2') sviluppato dalla società americana Rockstar Games e disponibile per Playstation 2 e Nintendo Wii. Il videogioco è già stato vietato in Gran Bretagna perché giudicato troppo violento, tale da poter causare danni a adulti e bambini e ora anche il ministro delle comunicazioni Gentiloni ha espresso parere negativo alla sua commercializzazione in Italia chiedendo alla Take Two di non distribuirlo nel nostro paese. La decisione di vietare il gioco in Gran Bretagna è stata presa dall’Ufficio di classificazione dei film (Bbfc) che non arrivava ad una tale sanzione da dieci anni, quando a finire tra le scure della censura fu “Carmageddon”. La motivazione che accompagna la decisione di vietare la commercializzazione nel Regno Unito recita: “il seguito di ‘Manhunt’ - già noto per essere molto violento - si concentra in permanenza su inseguimenti e omicidi brutali, incoraggiando a uccidere in maniera efferata.” Il direttore dell'organismo di classificazione dei film, David Cooke, ha inoltre spiegato che non è stato possibile suggerire semplicemente modifiche al gioco poiché vi regna un ambiente "sadico". Ora gli sviluppatori hanno sei settimane di tempo per ricorrere in appello contro la decisione, ma le possibilità di capovolgere il verdetto sembrano molto basse per un gioco che già nella sua prima edizione del 2003 aveva rischiato il divieto totale, trasformato poi in un divieto ai minori di 18 anni.
Panzeri: “presto vedremo l’Air Guitar in televisione”
Panzeri, come vi siene avvicinati al fenomeno Air Guitar?
È un fenomeno che abbiamo visto crescere negli altri paesi. Nel mondo esiste ormai da vent’anni mentra in Italia nessuno ci aveva ancora pensato. Su internet e YouTube però era possibile visionare centinaia di video e allora insieme ad un gruppo di amici abbiamo deciso di provare ad organizzare il primo Contest italiano in maniera un po’ casalinga ma efficace.
Come è andata?
Direi benissimo. È chiaro che quando si fa una cosa per la prima volta si è sempre portati a dire che è stata magica, ma mai come in questo caso è la verità. L’air guitar è un fenomeno spontaneo e lo abbiamo vissuto come tale pasando una serata molto divertente. La serata al Tunnel di Milano ha avuto un gran sucesso tra il pubblico tale che stiamo già pensando ad una nuova edizione per l’autunno prossimo, ma questa volta vogliamo fare qualcosa di più concreto cercando di coinvolgere anche degli sponsor.
Pensa che si possano trovare sponsor interessati?
Assolutamente. Quella dell’air guitar è una realtà che coinvolge molti giovani e è facile che l’onda di questo fenomeno possa essere presto cavalcata anche commercialmente dagli sponsor. Io lo vedo come il corrispondente maschile e rock di “Non è la rai” o quello giovane della “Corrida”. È un fenomeno molto televisivo, e non dubito che presto lo vedremo su qualche rete. Del resto si tratta anche di volersi mostrare e in un periodo come questo in cui in tv si fa la fila per apparire…
Si è chiesto Panzeri cos’è che spinge le persone a salire sul palco per mimare un pezzo rock senza strumenti?
Per me non c’è tanto da chiedersi in realtà. La passione per il rock ha sempre generato il fenomeno del suonare davanti allo specchio per assomigliare a un rocker famoso. Per questo non c’è bisogno nemmeno di fare allenamento, lo si fa e basta. Una cosa è certa: ci vuole veramente una gran bella faccia tosta, perché le assicuro che farlo davanti a mille persone da un impatto molto violento per chi non è un professionista. Non è per niente facile a differenza di quanto sembra.
E volendogli dare una valutazione sociologica?
Se proprio vogliamo darla direi: la rivincita di chi per tutta la vita ha comprato musica e biglietti musicali. Ma direi che la definizione che abbiamo adottato è ancora più esplicativa: il carnevale dello stronzo qualsiasi che diventa star per una sera. L’Air Guitar è una via di mezzo tra l’oratorio e il club mediterranee, la spontanea associazione a delinquere, l’happy hour e la festa in discoteca. È veramente popo nel senso di popolare, un fenomeno molto carino perché le rock star siamo noi per una volta. C’è dentro quasi una vena di rivoluzionaria in tutto ciò.
giovedì, giugno 21, 2007
Musica indipendente, oggi lo sciopero
Appuntamento oggi con la giornata di sciopero contro i grandi network radiofonici colpevoli di non inserire nelle proprie programmazioni la musica indipendente e quella dei giovani gruppi emergenti. Una giornata di protesta in cui Audiocop, l’associazione che riunisce più di cento etichette indipendenti, chiede agli ascoltatori di spegnere le radio che fanno capo alle grandi multinazionali del disco e trasmettono musica seguendo le regole delle Playlist e del Music Control. Ne abbiamo parlato con Enrico Capuano, cantatutore romano da sempre in prima linea nel proporre la musica indipendente e oggi conduttore di “Radio Casbash”, trasmissione in onda da settembre e fino a fine giugno su Teleambiente.
Capuano, lei si è sempre impegnato per promuovere la musica indipendente. Da dove nasce questo bisogno?
La musica indipendente rappresenta un panorama troppo interessante per essere messo da parte come fanno i grandi network. Io faccio trasmissioni ormai da 25 anni (la prima su Radio Onda Rossa a 13 anni, ndr) e ho sempre cercato, nelle mie esperienze, di dar voce alle realtà più interessanti della musica indipendente e emergente perché è proprio da questo settore che possono arrivare proposte nuove e originali. Meritano più spazio di quello che hanno attualmente e quindi per me è giustissimo creare nuovi spazi per dargli più possibilità. È da questo bisogno che nasce “Radio Casbash”, una trasmissione in cui gli artisti indipendenti hanno spazio e visibilità per la promozione della loro musica e dei loro videoclip.
È da qui che nasce anche la voglia di diventare testimonial dello sciopero?
Sì, perché abbiamo deciso di lanciare un segnale, un appello. Non è che vogliamo fare una manifestazione contro le radio, ma fargli capire che ci siamo anche noi. Non chiediamo certo di rivoluzionare i palinsesti, ma di dare un po’ più di spazio agli indipendenti perché adesso, se si esclude “Demo”, nessun’altro si occupa del fenomeno. Dovrebbero capire che il nostro settore ha delle grandi potenzialità e che dargli un po’ di visibilità è ormai necessario. Insomma, se Capuano e Piotta riescono a suonare sul palco del primo maggio facendo ballare 500 mila persone vuol dire che la musica indipendente varrà pure qualcosa. Io in fondo posso ritenermi fortunato visto che tra gli indipendenti sono uno di quelli che suona di più in giro per l’Italia e anche per questo sono in prima linea come, diciamo così, “speaker” di tutto il settore.
Quindi secondo lei le radio non hanno tutte le colpe?
Le radio, purtroppo, fanno parte di un circuito difficile da cambiare, ma non sono le uniche ad avere colpe. Io vedo nella musica italiana quelllo che purtroppo accade in tanti altri settori; una sorta di lobbismo che consente a gruppi con appoggi alle spalle di arrivare al successo anche con cattiva musica e l’impossibilità all’accesso di certi canali per chi non è appoggiato da nessuno. Le idee ci sono e sono anche buone, ma a certi livelli diventa veramente difficili farsi conoscere. Sembrerà strano, ma nel 2007 c’è ancora una forte distinzione di classe anche nella musica che invece è un “diritto” del popolo e come tale dovrebbe essere salvaguardato.
Quali sono le soluzioni per Capuano?
Io mi rivolgo soprattutto ai più giovani. I gruppi emergenti devono sforzarsi di fare cose interessanti. Produrre qualcosa di originale, con professionalità e approfondendo le proprie passioni. Devono partire da loro stessi per creare interesse. Ma a questo deve far seguito anche l’attenzione del pubblico. Quello che non vedo oggi è l’interesse per le nuove idee come accadeva ad esempio negli anni ’70 quando c’era una grande disponibilità verso i nuovi ascolti. Per le soluzioni da attuare subito invece mi piace l’idea di Sangiorgi, quella di creare un canale satellitare Rai dedicato interamente alla musica indipendente, ma in questo dobbiamo essere tutti più forti e far sentire la nostra voce anche al “tavolo della musica” per far sì che le promesse diventino presto realtà.
venerdì, giugno 15, 2007
Sangiorgi: “Creiamo RaiSat Musica per far crescere la musica italiana”
I primi risultati ottenuti dal “Tavolo della musica” in questi giorni hanno soddisfatto quanti si stanno impegnando per il miglioramento della condizione della musica italiana. Alla soddisfazione espressa ieri, su Off, dal Presidente della Commissione Cultura Pietro Folena, si aggiunge oggi quella di Giordano Sangiorgi, presidente di Audiocoop, il primo a scendere in campo nell’organizzare un soggetto in grado di far riunire allo stesso tavolo Governo e maggiori associazioni musicali italiane. Ora Sangiorgi si dice “estremamente soddisfatto” di quanto il “Tavolo della musica” sia riuscito a fare fino ad ora, e chiede che a questo primo passo faccia seguito un lavoro continuo e duratore per riuscire ad arrivare presto ad una nuova legge per la musica.
giovedì, giugno 14, 2007
Sinead O' Connor canta il Vecchio Testamento
Quella di Sinead O’Connor che strappa la foto di Papa Giovanni Paolo II rimarrà alla storia come una delle immagini mediatiche più forti di sempre. Era il 1992 e quella sera negli studi della Nbc, dove si trasmetteva il “Saturday night live”, più di qualcuno rischiò le coronarie per quel gesto di protesta verso le testimonianze di abusi su minori nelle scuole cattoliche irlandesi e la relativa difesa della Chiesa e del finanziamento del Vaticano per le spese legali dei sospetti. Oggi, dopo 15 anni, la O’Connor torna sulla scena con un nuovo disco che, per i temi trattati, non può non far tornare alla mente la sua performance, anche se la 40enne cantante irlandese ha sempre preferito soprassedere sull’argomento, salvo poi riservare un trattamento particolare all’attuale pontefice, definito recentemente “un Papa per cui non si prova nulla: tiepido, freddo, che non è né carne né pesce, come dicono le Scritture”. L’ultima fatica della O’Connor si chiama “Theology”, un album dai contenuti teologici basato, come spiega lei "Sul Vecchio Testamento, quello meno conosciuto e più affine alla sensibilità di un'artista." Un lavoro nato nell’anima di Sinead, cattolica irlandese, ma sempre pronta a condannare le gerarchie ecclesiastiche e le organizzazioni religiose, che con “Theology” ha dichiarato di voler “semplicemente fare qualcosa di bello, qualcosa di bello che mi ispira" in quella che è la sua risposta personale a quello che è successo e che influenza la vita di tutti in tutto il mondo dall'11 settembre 2001, “un tentativo di creare un posto di pace in tempo di guerra”. Il disco, pubblicato in Italia dalla Radiofandango di Procacci e Senardi, su etichetta That’s Why There’s Chocolate and Vanilla, è un doppio album, ovvero diviso in due dischi. Il primo, “Dublin Session”, prodotto da Steve Cooney, il secondo, “London Session”, da Ron Tom. Il primo cantato in versione acustica, il secondo realizzato con band e orchestra, ma che propongono un programma quasi identico. "Theology", in cui la O’Connor interpreta anche salmi sacri e versi estratti dai libri di Giobbe, Isaia e Geremia, contiene 8 canzoni inedite: "Something beautiful", "Out of the depths", "33", "Dark I am yet lovely", "If you had a vineyard", "The glory of Jah", "Watcher of men" e "Whom so ever dwells". E tre cover: un omaggio all’orgoglio afroamericano con una versione soul di "We people who are darker than blue" di Curtis Mayfield, inno al rispetto di sè; il tradizionale spiritual reggae "Rivers of Babylon" con il testo riscritto da Sinead O'Connor e un'interpretazione feroce di "I don't know how to love him" (tratta da "Jesus Christ Superstar") della coppia di autori Andrew Lloyd Webber e Tim Rice che una volta ascoltata l’interpretazione ha dichiarato: "La voce magnifica di Sinead O'Connor mi ha permesso di trovare nuove prospettive in una canzone che è parte della mia vita dal 1970. Riesce sempre a cogliere la profondità di ciò che canta, che sia un lavoro suo o di altri. Sono contento di essere uno degli altri in questa occasione". Un perfetto biglietto da visita per una donna che attraverso le sue canzoni vuole ora “trasmettere con la musica qualcosa di bello, stimolare chi ascolta alle proprie meditazioni spirituali, ed esprimere gratitudine al Creatore”.
martedì, giugno 12, 2007
Giò di Sera, l’arte al servizio del prossimo
DJ, radio maker, organizzatore d’eventi e showman. Giò di Sera è un’artista a 360 gradi che vede in Leonardo Da Vinci il suo ispiratore e che ha scelto Berlino come sua città d’adozione dopo essere cresciuto tra i vicoli e le alterne vicende di Napoli. Giò “emigra” in Germania da ventenne, quando Napoli e la Campania sono alle prese con il dopo terremoto e i suoi tentativi di emergere e di sopravvivere all’indifferenza risultano vani. Berlino sembra accoglierlo a braccia aperte e, a cavallo della caduta del muro, riesce a trovare nel quartiere di Kreuzberg quel terreno fertile utile a farlo crescere e ad avere il riscontro che cercava. Ora è uno dei più conosciuti rappresentanti della comunità italiana nella capitale tedesca e si sta imponendo anche per il suo impegno sociale che da sempre lo contraddistingue. Lo stesso che lo ha portato a “creare” il Berlingo, divenuto famoso soprattutto attraverso il tuo programma radiofonico Radio Kanaka International, “un remix di varie lingue europee associate a un certo slang urbano inventato da Don Rispetto (il suo alter ego alla radio e in strada. nda). Un’idea che nasce nel micro/macro cosmo di Kreuzberg e cela l'evidente, forte necessità di ‘intercomunicare’ fuori dagli schemi prestabiliti della comunità internazionale e multiculturale berlinese”. La sua è una lunga carriera che lo vede, all’inizio, alle prese con la poesia e con il microfono di alcune band post-punk, ma capisce presto che l’arte che lo appassiona di più è quella della pittura, a cui si dedica passionalmente dopo il suo arrivo a Berlino. Comincia poi a fondere tra di loro le varie forme di espressione artistica presentandole in decine di mostre e diventando un punto di riferimento nella scena berlinese. Ma quello a cui tiene di più quando lo raggiungiamo telefonicamente nel suo ufficio è di raccontare il suo impegno sociale che lo vede cominciare, subito dopo la caduta del muro, progetti socioculturali come "To stay here is my right posse", contro il razzismo e il degrado nelle periferie urbane. Ora dopo più di 15 anni l’impegno suo e dei suoi collaboratori sta per essere convogliato in un nuovo progetto; StreetUnivercityBerlin, una sorta di università popolare che vuole mettere i giovani delle comunità più disagiate nella condizione di poter tirar fuori il meglio di se. Un’Università della strada, che attraverso i linguaggi e le subculture in essa presenti vuole guidare i giovani e aiutarli ad emergere. “L’appartenenza alla strada non è una cosa negativa in senso assoluto – ci dice – è importante che questi giovani sappiano farne buon uso. Quello che cerchiamo di dargli è la capacità di sfruttare le proprie potenzialità per creare una sorta di melting pot nella società e per arrivare così a soluzioni pratiche nel quotidiano”. L’obiettivo è quello di far recuperare ai cosiddetti “loser”, che si autoemarginano, il rispetto di se stessi, dandogli coscienza delle proprie possibilità. “Tutto questo – continua Giò – facendogli capire da subito che siamo indipendenti dal sistema in quello che io chiamo un ‘salutare distacco’ dall’assistenzialismo dello stato e delle istituzioni in genere, perché noi non vogliamo che questi giovani rimangano passivi, quanto piuttosto convincerli a tirare fuori la loro parte migliore, da impegnare in un progetto che vuole essere a lungo termine”. La StreetUnivercity sarà una vera e propria scuola con quattro diverse facoltà di cui due obbligatorie: “Società e informazione politica”, perché l’intenzione è quella di avvicinare le subculture all’elite e viceversa, e “Competenze sociali e orientamento al lavoro” per aiutarli ad affrontare gli scogli del mondo del lavoro. I due corsi facoltativi saranno invece dedicati all’arte e ai media e allo sport, all’insegna del motto “mens sana in corpore sano”. L’inizio quest’estate con un “summer camp” con workshop di giornalismo e un primo centro aggregativo per cominciare a isegnare a come crearsi alternative. Da ottobre poi gli inizi dei corsi veri e propri: “per creare un nuova dimensione di aggregazione e d'identificazione e dare ai cosiddetti emarginati nuove possibilità di lavoro e di proprio sviluppo imprenditoriale e per realizzare – conclude Giò – il sogno della mia vita, che riunisce e concretizza le esperienze accumulate durante la mia carriera di artista multimediale e streetworker volontario”.lunedì, giugno 11, 2007
L'ascensore multietnico di Piazza Vittorio
Piazza Vittorio è il luogo dove negli ultimi anni la forte concentrazione di immigrati ha portato alla trasformazione di un quartiere storico della capitale. È il centro di un intreccio di razze e etnie che tutte insieme si ritrovano a condividere strade, negozi e palazzi. Ed è proprio all’interno di uno di questi palazzi che hanno luogo le vicende di “Scontro di civiltà per un ascensore a Piazza Vittorio” (edizioni e/o, 2006), che attraverso le indagini sull’omicidio de “il gladiatore”, un losco personaggio simpatizzante dell’estrema destra, conduce il lettore attraverso le emozioni, i pensieri e le sensazioni degli immigrati che condividono proprio il palazzo in cui è avvenuto l’omicidio. Eccoci così di fronte alla donna di servizio peruviana, che ricorda alla portiera che lei non è filippina, perché viene dal Perù e dice con estrema lucidità: “So che lei è di Napoli, ma non l’ho mai offesa chiamandola La Napoletana”. O all’aiuto cuoco iraniano, che si domanda “Ma chi è italiano? Chi è nato in Italia, ha passaporto italiano, carta d’identità, conosce bene la lingua, porta un nome italiano e risiede in Italia?”. E afferma di aver “lavorato nei ristoranti di Roma con molti giovani napoletani, calabresi, sardi, siciliani”, scoprendo “che il nostro livello linguistico è quasi lo stesso”. C’è poi il proprietario del bar che ricorda come “il più grande giocatore di tutti i tempi, Paulo Roberto Falcao” era straniero, così come “Piedone, Cerezo e Voeller”, giocatori che hanno “fatto la gloria della Roma”. A cucire i pezzi e i racconti dei diversi attori, il diario di Amedeo, protagonista del romanzo (vincitore del premio Flaiano) e voce del giovane autore algerino Amara Lakhous, che questo libro lo aveva già pubblicato in patria nel 2003 con il titolo “Come farsi allattare dalla lupa senza che ti morda”. Una voce ironica ma allo stesso tempo amara, che racconta le difficoltà nel capire l’altro e nel dargli la giusta considerazione. Con lo sguardo di chi la condizione di immigrato in Italia l’ha vissuta sulla propria pelle, Lakhous cerca di far ridere, ma soprattutto di far riflettere sull’assenza di dialogo e sugli equivoci che ne derivano e per questo dice di aver voluto scegliere l’ascensore come metafora, “perché è uno spazio limitato, la gente è obbligata a condividerlo con altre persone, è un ascensore che va su e giù, potrebbe anche guastarsi ogni tanto, è un pretesto per raccontare i vari malintesi che ci sono”. Al suo interno c’è chi vorrebbe l’aria condizionata e chi no. Chi il riscaldamento. Chi la foto del Papa. È un disegno preciso per raccontare l’Italia di oggi, alle prese con la nuova realtà multietnica, di cui Piazza Vittorio continua ad essere l’esempio lampante, che ci viene egregiamente raccontata con gli occhi di uno straniero. Una buona opportunità per chi avesse l’intenzione e la fortuna di leggerlo.
martedì, giugno 05, 2007
Second Life stupisce ancora, nel “mondo parallelo” c’è spazio anche per le orge
Si potrebbe anche dire che c’era da aspettarselo: su Second Life ora si fanno le orge. La notizia l’ha rivelata Hunk Sands, “inviato” del quotidiano on line ‘Affari Italiani’ nel mondo virtuale creato dalla Linden Lab, ma per i frequentatori più assidui non rappresenterà certo un vero scoop, almeno a giudicare dal gran numero di utenti che ha incontrato il giornalista nei luoghi in cui è entrato. Si torna a parlare della comunità virtuale più famosa del mondo quindi, e questa volta perché dal racconto pubblicato in rete da Sands emerge un altro aspetto non poco interessante dell’“altro mondo”; quello delle stanze a sfondo sessuale, dove decine di avatar si incontrano in quelle che sono delle vere e proprie sedute orgiastiche con ogni tipo di rapporto sessuale. Non è la prima volta che si parla di sesso su SL naturalmente, ma se in precedenza ci si era limitati a locali di streaptease piuttosto che ad altri di lap dance, ora la nuova frontiera sembra essere diventata quella del sesso di gruppo. Le immagini riprese infatti, sono inequivocabili e illustrano possenti personaggi maschili, guarda caso tutti super dotati, e donne provocanti, in pose e scene degne delle migliori riprese da cinema porno. A giudicare dalle presenze nelle stanze un indubbio successo che mette ancora una volta in risalto i lati oscuri di un mondo “parallelo” dove si può tranquillamente dare sfogo alla propria immaginazione, rimanendo comunque celati dietro ad una maschera, quella che i residenti si cuciono addosso nel momento della registrazione e della creazione del proprio avatar. Le stanze a sfondo orgiastico della “Seconda Vita” non hanno limitazioni all’ingresso e chiunque può recarvisi senza pagare nulla e cominciare da subito ad interagire con gli altri personaggi, cercando la gloria e la soddisfazione in un appagante orgasmo virtuale. Una volta entrati si apre la caccia e, con gli attributi riproduttivi sempre in bella evidenza, si cercherà di riuscire a convincere la (o il) partner prescelto a lasciarsi andare in effusioni reciproche. Ora è lecito chiedersi cosa è che spinge a cercare questo tipo di soddisfazione attraverso un’immagine in 3d e, soprattutto, quanto e come essa venga ritrasmessa sensorialmente nella realtà, ma forse tutto può essere semplicemente riportato all’interno di un ranch di discorsi sul bisogno (questa volta reale) di relazionarsi con gli altri attraverso le diverse forme offerte dai mezzi che si usano; e se è vero che su Second Life stazionano ormai qualcosa come sei milioni di utenti, che continuano a crescere esponenzialmente negli ultimi mesi, non c’è certo da stupirsi così tanto che il fattore sessuale incida molto sulle abitudini dei residenti. Del resto internet rimane comunque un mezzo usato non poco per la ricerca e il download di immagini porno e non pochi sono i personaggi che hanno dichiarato di soffrire di una sorta di porno-dipendenza legata alla rete; se si considera anche che su Second Life esiste il non trascurabile fattore ludico e quello non meno importante dell’anonimato, allora il dado è tratto. Il rischio più preoccupante sembra comunque essere quello di una deriva a cui un mezzo innovativo, e a modo suo rivoluzionario, come Second Life può andare incontro; sempre più utenti infatti, continuano a lamentarsi dell’uso non sempre corretto da parte dei residenti e anche le polizie di alcuni paesi stanno cominciando ad indagare su alcuni comportamenti che potrebbero essere ritenuti penalmente rilevanti. Una deriva che segnerebbe la fine di una piattaforma che a gran voce è stata definita come l’esempio riuscito e concreto della realtà virtuale.